SUSSIDIO PER LA PREGHIERA PERSONALE  O FAMILIARE IN QUESTO TEMPO DI PROVA

18  maggio 2020 

(A cura di don Antonio Savone, Direttore Segreteria Pastorale Arcidiocesi di Potenza-Muro L.-Marsico N.)

Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?
Chi ci separerà dunque dall'amore di Cristo? 
Forse la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada?
In tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati (Rm 8.31.35.37).

Introduzione
Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.                    
Il Signore è veramente risorto, alleluia.
Ed è apparso ai discepoli, alleluia.
Preghiamo
Donaci, Padre misericordioso, di rendere presente
in ogni momento della vita la fecondità della Pasqua,
che si attua nei tuoi misteri.
Per Cristo nostro Signore. Amen.

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Sal 149
Cantate al Signore un canto nuovo;
la sua lode nell’assemblea dei fedeli.
Gioisca Israele nel suo creatore,
esultino nel loro re i figli di Sion. R.
Lodino il suo nome con danze,
con tamburelli e cetre gli cantino inni.
Il Signore ama il suo popolo,
incorona i poveri di vittoria. R.
Esultino i fedeli nella gloria,
facciano festa sui loro giacigli.
Le lodi di Dio sulla loro bocca.
Questo è un onore per tutti i suoi fedeli.

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Dal Vangelo secondo Giovanni (15,26-16,4)
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio.
Vi ho detto queste cose perché non abbiate a scandalizzarvi. Vi scacceranno dalle sinagoghe; anzi, viene l’ora in cui chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio. E faranno ciò, perché non hanno conosciuto né il Padre né me. Ma vi ho detto queste cose affinché, quando verrà la loro ora, ve ne ricordiate, perché io ve l’ho detto».

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Martiri
Anche voi date testimonianza…
La testimonianza dei credenti, dei martiri, può essere compresa solo alla luce di quella di Cristo. E qual è la testimonianza del testimone fedele? Dio è amore! Padre, perdona perché non sanno quello che fanno. Venga il tuo Regno! Perdona i nostri peccati così come noi perdoniamo coloro che ci offendono.
Il martirio è davvero l’apice del cammino del discepolo, del diacono, del presbitero. Noi possiamo non morire di morte violenta, ma nella nostra vita cristiana, volenti o nolenti, dobbiamo esprimere la possibilità che questo avvenga.
Dalle parole di Gesù emerge che là dove si manifesta la presenza di Dio, si manifesterà anche la divisione. Infatti, chi vuol essere discepolo del Cristo crocifisso, deve davvero mettere nel conto questa morte “come” la sua; chi realmente esprime la sequela totale, pur non accorgendosene, diventa motivo di divisione – come la Parola, che ‘divide’ l’anima dallo spirito.
Il martirio è la testimonianza perfetta della sequela. Il cristiano-testimone, pertanto, non può seguire il Crocifisso da lontano come faceva Pietro, ma è coinvolto in qualche modo nel cammino del Cristo. “Certo, non ogni sequela si conclude di fatto con il martirio, ma ogni vera sequela ne custodisce la possibilità. Il martirio è un dono che Dio fa ad alcuni, ma la disponibilità a testimoniare sino alle ultime conseguenze fa parte della struttura ‘normale’ del discepolato” (Maggioni).
Testimoni della Verità. Testimone è il discepolo che prende parte al processo ponendosi a fianco del Maestro; vi è infatti la tentazione per il discepolo di mettersi dalla parte del mondo. Crescendo, col passare degli anni, infatti, il dubbio che Gesù sia il testimone della Verità, non ci proviene più dall’esterno, bensì dal nostro cuore. Il martirio è il destino della verità, non della menzogna; è il destino della mitezza, non della violenza.
Testimoni della regalità: “Il mio regno non è ‘da’ questo mondo” (Gv 18,36). La regalità di Gesù è nuova, perché altra rispetto alla regalità mondana. La regalità del Figlio non si esprime nella difesa di sé, ma nel dono della vita; non nella violenza o nel sopruso, ma nell’amore e nel servizio.
Quando si proclama l’assolutezza di Dio, inevitabilmente si scardina qualcosa nella propria vita. Il martirio, infatti, è un processo, un percorso. Il martire è sempre scarnificato: quando proclama la verità, la regalità di Dio, la prima scarnificazione avviene dentro di sé. Ma è proprio questo percorso che lo conduce al martirio: ciò che trasforma una morte violenta in martirio è la verità per la quale il testimone subisce violenza, non l’intenzione di chi lo colpisce.
Ciò che rende la morte un gesto di libera offerta a Dio e agli uomini non è necessariamente la consapevolezza del momento, ma la libera scelta del modo di vivere che a quella morte ha condotto. La libertà del morire è racchiusa in una libertà precedente: quella di aver scelto un modo di vivere… esposto alla contraddizione e alla violenza; il martire non sceglie la morte ma un modo di vivere come Gesù ”.
Testimoni della solidarietà e della condivisione. “Fare proprie le sofferenze degli altri, scendere ogni gradino fino a porsi accanto all’infimo dei peccatori, legare la radice dell’anima del peccatore alla propria anima, soffrire per amore d’Israele, è appunto ciò che Cristo ha compiuto. E i martiri sono abilitati a compiere la stessa cosa, proprio perché sono convinti che Cristo soffra in loro e assieme a loro”.
La Tradizione ne sottolinea alcune forme;
– la preghiera di intercessione; il martire, nel momento della morte, si fa intercessore per i fratelli: “Signore, non imputare loro questo peccato” (At 7,60). L’intercessione del martire continua anche dopo la morte;
i pesi degli altri. C’è una condivisione reciproca che è un martirio volontario; tale condivisione è intesa nel senso di prendersi gli uni i pesi degli altri, i peccati degli altri!
Si racconta che «due monaci andarono al mercato per vendere la loro merce, e uno di loro, dopo che si fu separato dall’altro, cadde nella fornicazione. L’altro, venuto da lui, gli disse: “Torniamo alla nostra cella, fratello”, ma quegli rispose: “Non vengo”. E l’altro lo pregava: “Perché fratello mio?” Ed egli: “Perché, quando ti sei allontanato da me, sono caduto in fornicazione”. L’altro, volendo guadagnarlo, cominciò a dirgli: “E’ accaduto così anche a me, quando mi sono diviso da te; ma andiamo, facciamo penitenza con tutte le forze e Dio ci perdonerà”. Tornati, confessarono agli anziani quanto era loro accaduto; questi diedero loro ordine di fare penitenza, e così uno faceva penitenza per l’altro, come se anche lui avesse peccato. Dio, vedendo la fatica della sua carità, pochi giorni dopo rivelò ad uno degli anziani che, per amore del fratello che non aveva peccato, aveva perdonato al peccatore. Ecco, questo significa deporre la propria vita per il fratello».
Questo è il martirio, questa è la condivisione: assumere il peccato dell’altro, portare gli uni il peso degli altri.
– la paternità/maternità spirituale
“il padre spirituale non è meramente un consulente che distribuisce consigli distaccati, da una distanza di sicurezza; e neppure uno che si limita a pronunciare la formula di assoluzione in maniera strettamente giuridica; neppure un confessore, sebbene questi agisca in ottica sacramentale. Egli è, fondamentalmente, uno che si fa garante dei propri figli spirituali, assumendo il peso della loro angoscia e della loro colpa sulle proprie spalle, rispondendo per loro al giudizio finale, e unendosi a loro mediante l’amore”.
Il fratello è colui che si ‘addossa’ l’altro, se lo carica.
Ma se il martirio è tutto questo, allora c’è davvero necessità dello Spirito Santo, perché senza Spirito non si dà martirio. Un detto dei Padri del deserto afferma: “Dà sangue ed otterrai lo Spirito”, evidenziando così la circolarità profonda tra ascesi, martirio quotidiano e Spirito Santo.
(don Antonio Savone)

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Riflessione mariana

18 Maggio

Non temere il superamento
Non temere il superamento… Un invito ma anche un impegno in un tempo come il nostro caratterizzato da una esperienza di crisi. Ogni crisi è accompagnata da due elementi inscindibili: il travaglio e il tormento, da una parte, e, dall’altra, la rivelazione di qualcosa di nuovo non immediatamente inscrivibile nelle solite categorie di pensiero.
Non temere il superamento anzitutto rispetto a quella immagine devota a partire dalla quale, troppo spesso, abbiamo letto la relazione tra Giuseppe, Maria e Gesù.
Stando al vangelo troviamo una relazione in continuo movimento, dove nessun rapporto è fissato una volta per tutte, i ruoli sono continuamente messi in discussione proprio dalla disponibilità a misurarsi con il mistero dell’altro che sempre supera il parametro della mia comprensione.
Non temere il superamento rispetto ai luoghi: Giuseppe, Maria e Gesù alternano la loro vicenda relazionale tra due poli, Nazaret e Gerusalemme. Nazaret e Gerusalemme sono i due poli di ogni famiglia umana, di ogni comunità e convivenza: dove Gerusalemme sta per l’occuparsi delle cose di Dio, Nazaret per l’occuparsi delle persone che ci sono affidate. Gerusalemme, ossia i momenti straordinari, i grandi ideali, la progettualità, l’apertura di orizzonti, Nazaret, ossia il luogo del crescere sottomessi alle leggi di ogni giorno e in cui tradurre quanto a Gerusalemme puoi aver intuito. Noi ci muoviamo tra questi due poli: tra le cose più grandi noi e il quotidiano crescere con gli altri.
La maturità sta proprio nell’arrivare ad unire Nazaret e Gerusalemme, vale a dire compiere le cose ordinarie abitati da uno sguardo più grande che le riscatta alla banalità del loro ripetersi.
Come non riconoscere che ci sono tante convivenze umane a cui oggi manca Gerusalemme, manca la possibilità di misurarsi con una Parola altra?! Nazaret è diventato l’unico orizzonte con cui ci si misura.
Non temere il superamento rispetto ai ruoli. Giuseppe e Maria avevano cresciuto un figlio che andava oltre i loro schemi al punto da vivere una vera e propria crisi: perché ci hai fatto questo? Avrebbero voluto inserire in uno schema abituale il comportamento eccedente di quel figlio adolescente. E invece, quel figlio, propone loro di uscire dallo schema, di rompere persino con il loro modello educativo: non sapevate che io…? Quel figlio non accetta di essere chiuso dentro gli schemi ripetitivi del culto o delle tradizioni. Per crescere – fa comprendere ai suoi – è necessario anche cominciare ad abitare il distacco, l’incomprensione.
Non temere il superamento persino rispetto alla propria voglia di capire, che è uno dei modi per risultare ancora una volta vincenti nella vita: ma essi non compresero. Giuseppe e Maria fanno fatica a stare a contatto con il mistero di quel figlio. Non compresero, è una parola che consola il cuore perché la non comprensione, la fatica a capirsi non è segno di una famiglia sbagliata. E quando non comprendi sei comunque invitato ad accogliere le risposte che ti vengono dalla vita provando a cercare quel disegno che va evidenziandosi poco alla volta.
Non temere il superamento rispetto all’altro: non compresero… e scese con loro. Quei genitori fanno fatica a capire e per tutta risposta Gesù non se ne va, scende con loro. Il mistero dell’incarnazione lo porta ad assumere persino il limite dei suoi genitori e a fare i conti con una quotidianità segnata da quel limite.
Davanti al limite nostro e degli altri siamo tentati di scappare via. Il vangelo ci attesta: misurati con la vita, così com’è. Gesù è cresciuto in sapienza, età e grazia, proprio in quella casa.
Per non temere il superamento il vangelo ci consegna due verbi che indicano uno stile: ascoltare e interrogare. Giuseppe, Maria e Gesù abituati ad ascoltarsi e a interrogarsi. Ascolti quando ti relazioni all’altro non a partire da un cuore già pieno di preconcetti e interroghi quando ritieni che le tue non possono mai essere affermazioni perentorie. Chi rimane nelle sue presunzioni e sicurezze edifica muraglie, chi si lascia attraversare dai perché, costruisce ponti.
(don Antonio Savone)

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Preghiera a Maria
Madre della Bellezza, Regina del nostro popolo,
non c’è su tutta la terra una creatura simile a te,
per la bellezza del tuo volto e la saggezza delle tue parole.
Tu sei la vera opera d’arte che Dio ha potuto realizzare mediante il tuo sì ubbidiente.
Tu sei l’icona della Bellezza che è splendore della Bontà e della Verità.
Consola la debolezza degli anziani e degli infermi,
accompagna la fatica di chi è provato da questa grave emergenza sanitaria,
custodisci l’innocenza dei nostri ragazzi,
rendi tenace la speranza dei giovani,
tieni sempre acceso l’amore nelle nostre famiglie,
asciuga le lacrime delle coppie ferite,
illumina i passi dei genitori smarriti.
Purifica gli occhi dei Pastori con il collirio della memoria
che può rinverdire il sì degli inizi
e suscita la disponibilità di tanti giovani che, sul tuo esempio,
spendano la loro vita a servizio dei fratelli.
Rendi i responsabili della cosa pubblica capaci di operare con bontà e dedizione.
Insegnaci a custodire l’umiltà del cuore
perché siamo in grado di pronunciare parole vere.
Intercedi presso tuo Figlio
perché siano agili le nostre mani, affrettati i nostri passi e saldi i nostri cuori.
Amen.

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Regina Coeli
Regina dei cieli, rallegrati, alleluia.
Cristo, che hai portato nel grembo, alleluia,
è risorto, come aveva promesso, alleluia.
Prega il Signore per noi, alleluia.
Il Signore ci benedica, ci preservi da ogni male e ci conduca alla vita eterna.
Amen.