“Avete occhi e non vedete? Avete orecchi e non udite?… Non capite ancora?”. Terminava così il brano evangelico di ieri. Perché i discepoli non riescono a capire? Perché non sanno cosa significa vedere. Conoscono per esperienza cosa vuol dire sbattere dolorosamente contro la realtà. Ecco allora la necessità che qualcuno li conduca a Gesù proprio come accade con il cieco del nostro brano condotto a Gesù. Quest’uomo non sembra essere particolarmente interessato ad una possibile cura per la sua cecità: altri ve lo devono condurre. Ognuno di noi giunge a Cristo portato da qualcuno che già lo ha conosciuto.
I discepoli sono stati persuasi della loro cecità. Sapere di essere ciechi è necessario per volere e chiedere la guarigione: Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: noi vediamo, il vostro peccato rimane (Gv 9,41). Riconoscere e chiamare per nome la nostra situazione è già l’inizio della guarigione.
Ora, però, è difficile e lungo curare la nostra cecità. Non è un caso che questo miracolo ha bisogno di vari interventi come vari sono stati gli interventi operati da Gesù nei confronti dei discepoli: essi sono stati protagonisti di due condivisioni di pani, di due viaggi sulla barca, di due interventi sul sordo e ora di due sul cieco.
Tra poco saranno in grado di riconoscere con Pietro che Gesù è il Cristo. Ma, come testimonierà il seguito del vangelo, si tratta di una comprensione che non riesce a cogliere in profondità il mistero di questo Cristo, pane spezzato, consegnato. Per Gesù sarà necessario annunciare quella Parola che il nostro orecchio non vorrebbe udire: la necessità che quel pane venga mangiato e solo così portare vita in chi lo accoglie. Per tre volte Gesù chiamerà i discepoli a misurarsi con quella Parola che spiegherà il miracolo del pane. Solo dopo essersi misurati con il triplice annuncio della passione, morte e risurrezione, la cecità sarà guarita definitivamente. E infatti Mc riporterà proprio prima dell’ingresso nella passione, la guarigione del cieco di Gerico che chiederà di riavere la vista. Questa guarigione è prefigurata nel nostro brano dal fatto che il cieco vede chiaro tutto e a distanza.
Mc ci ha preso per mano perché dopo essere stati guariti dalla nostra cecità possiamo professare con Pietro che Gesù è il Cristo. Poi ci riprenderà di nuovo per mano perché dopo essere stati guariti definitivamente come il cieco di Gerico, possiamo con il centurione, la persona più lontana, vedere con chiarezza il Figlio di Dio sulla croce, che è il luogo della massima lontananza da Dio.
Lo condusse fuori dal villaggio: Gesù è venuto a tirarci fuori da tutto ciò che ci tiene prigionieri del male, nelle tenebre e nell’ombra di morte. Alla fine chiederà di non rientrare nel villaggio perché esso è lievitato dal lievito dei farisei e dal lievito di Erode, che impedisce di vedere il Signore. Paolo affermerà che Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi (Gal 5,1)
Vedi forse qualcosa? Tra poco crederanno di vedere quando affermeranno che Gesù è il Cristo. Ma le reazioni alle tre predizioni della morte e risurrezione manifesteranno la loro cecità.
Non a caso il cieco risponde di vedere gli uomini come alberi che camminano. Scambiare gli uomini per alberi è figura di quello che accade nella nostra vita quando scambiamo il Signore con le proiezioni dei nostri desideri e delle nostre paure.

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Dal Vangelo secondo Marco 8,22-26
 
In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli giunsero a Betsàida, e gli condussero un cieco, pregandolo di toccarlo.
Allora prese il cieco per mano, lo condusse fuori dal villaggio e, dopo avergli messo della saliva sugli occhi, gli impose le mani e gli chiese: «Vedi qualcosa?». Quello, alzando gli occhi, diceva: «Vedo la gente, perché vedo come degli alberi che camminano».
Allora gli impose di nuovo le mani sugli occhi ed egli ci vide chiaramente, fu guarito e da lontano vedeva distintamente ogni cosa. E lo rimandò a casa sua dicendo: «Non entrare nemmeno nel villaggio».