Il Signore che dispone i tempi del nascere e del morire – come attesta la nostra fede – ha chiamato padre Renato a celebrare la sua Pasqua all’alba dell’11 novembre, il giorno in cui la Chiesa celebra San Martino di Tours del quale è detto che “non ebbe paura di morire e non si rifiutò di vivere”.

I commiati sono sempre dolorosi ma oggi, quello da p. Renato, lo viviamo nella restituzione grata per il dono che egli è stato per la Chiesa, per l’Ordine dei Padri Predicatori e, in particolar modo per la nostra Diocesi in cui da circa quarant’anni ha svolto il suo ministero sebbene con qualche intermittenza per incarichi sopraggiunti in seno alla sua famiglia religiosa.

Ero appena un ragazzo che frequentava il Liceo in Seminario quando p. Renato arrivò a Potenza per fondare la nuova comunità dei Padri Domenicani. Lo precedeva la fama di essere l’autore di tanti brani che cantavamo durante le celebrazioni eucaristiche e, perciò, il suo trasferirsi a Potenza fu accolto molto positivamente riconoscendo in lui un teologo che cantava la fede di sempre con un linguaggio più immediato. Come dimenticare alcune sue predicazioni tenute imbracciando la chitarra?

Se è vero che lex orandi lex credendi (la legge della preghiera è legge della fede) dai testi composti o musicati da p. Renato si coglie lo stupore riconoscente per ciò che Dio ha compiuto nella sua vita e la fede nella potenza della risurrezione.

P. Renato, oltre ad essere teologo, docente e cantautore, aveva un lasciapassare che lo accreditava al primo impatto che avevi con lui: il suo tratto amabile unito ai modi cordiali e gentili, come pure quell’atteggiamento quasi canzonatorio con la battuta pronta che è proprio dei Campani, ne facevano una persona affabile, una sorta di facilitatore delle e nelle relazioni. Che cos’è l’affabilità, infatti, se non l’attitudine a creare buoni rapporti? L’affabilità è l’arte di sentirsi a casa e di far sentire l’altro come a casa sua.

Il suo volto sereno e il suo sorriso sempre accennato erano gli attestati più credibili di chi aveva davvero scoperto la gioia del Vangelo così da trasmetterla in una disponibilità senza riserve e con un linguaggio mai accademico o semplicemente concettoso. Un uomo riconciliato e, perciò, capace di dialogo e di confronto. Un uomo gioioso. San Tommaso afferma che la gioia è “presentia boni amati” (la presenza del bene amato): amare qualcosa o qualcuno è motivo di gioia. La gioia di p. Renato aveva la sua scaturigine nella presenza del Signore che continuamente chiama. È lui stesso a riconoscerlo in un altro suo canto: “il tuo Vangelo ci mette la gioia nel cuor”.

Chiese ai suoi discepoli di tenergli pronta una barca…

Questa richiesta di Gesù riportata dall’evangelista Mc 3,9, credo possa essere una buona chiave di lettura per accostare la figura di p. Renato. Ho pensato a questa richiesta di Gesù riandando con la memoria a quello che lo stesso p. Renato racconta cantando quel canto spagnolo che tanto piaceva a san Giovanni Paolo II al punto che una sera, tramite il suo segretario, fece chiamare p. Renato per sentirlo cantare (canto che poi fu una sorta di colonna sonora dell’incontro tra il Papa e i giovani allo Stadio Viviani, in occasione della sua visita a Potenza nell’aprile 1991):

“Signore mi hai guardato negli occhi

sorridendo hai pronunciato il mio nome

sulla spiaggia ho lasciato la mia barca

insieme a te cercherò un altro mare”.

Era nota a tutti la profonda devozione a Maria da parte di p. Renato. Il testo più memorabile che chissà quante volte abbiamo cantato, è “S. Maria del cammino”. Lì p. Renato si fa cantore della speranza di cui Maria è Madre per un uomo sempre tentato di vivere ripiegato e di non attendersi più nulla. Se la speranza è la fede dispiegata nel tempo, in quel testo, p. Renato richiama anche il valore della testimonianza e della responsabilità ad aprire nuovi cammini in virtù di quella compagnia materna che ci è dato di sperimentare nell’ora della prova.

Chiese ai suoi discepoli di tenergli pronta una barca…

Sempre pronto a cercare altro mare p. Renato, là dove lo Spirito del Signore lo spingeva. Forse, non aveva messo in conto che il cantore della fede e della gioia del Vangelo, dovesse scrivere note vergate dal silenzio e dalla malattia. Tuttavia, anche in questa lunga e faticosa esperienza, ha atteso di raggiungere “l’altra riva” affidandosi alla voce promettente del Signore nella piena consegna di sé.

Lunedì mattina, all’alba dei suoi quasi 85 anni, il Signore ha chiesto a lui per l’ultima volta di tenergli pronta la barca della sua esistenza e compiere l’ultima traversata, non più verso un convento o una cattedra o per una esperienza di predicazione, ma quella verso il banchetto del Regno, quello che tante volte aveva cantato: “Vieni, Signore Gesù, il mondo ha bisogno di te”.

Tenere pronta la propria barca… è ciò che ha contraddistinto la vita domenicana di p. Renato.

Tenere pronta la propria barca… è anche la consegna testamentaria da parte sua per tutti noi.

Grazie, p. Renato, per questa tua testimonianza e per questa tua eredità.

Oggi, però, come il profeta Eliseo che prendeva congedo dal suo maestro e padre Elia, vorremmo carpire due terzi del tuo spirito così da continuare a cantare e a camminare tenendo fissa la meta che tutti attende e dove, insieme a te, intoneremo l’inno dei salvati.

Così speriamo e così sia.

Don Antonio Savone

Vicario episcopale

Arcidiocesi di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo