Vorremmo, se fosse possibile, contemplare come da un soglia e intravedere ciò che è accaduto quella sera alla Porziuncola ma ancor più ciò che era accaduto nell’avventura umana di Francesco, nostro fratello di Assisi. Vorremmo raccogliere quasi il suo testimone, come Eliseo il mantello del profeta Elia, per riuscire a varcare la soglia di Francesco anche solo di un passo, per non rimanere soltanto degli spettatori stupiti. Quello che vorremmo chiedere a Francesco, è di farci dono del suo sguardo e del suo cuore. Sguardo riconciliato e cuore magnanimo.
Alla fine della vita, nel suo Testamento, Francesco, aperto il suo cuore, si lascia andare a un racconto altamente evocativo che tradisce una consapevolezza che lo ha sempre abitato: Dio gli è venuto incontro e gli ha dato innumerevoli opportunità che lui ritiene grazia e dono. Il Testamento, infatti, è tutto un inno alla gratuità di Dio e al suo rivelarsi continuo nel corso della sua vita riletta come un dono divino. Un invito a fidarsi di Dio.
Dietro Francesco un Padre a cui dare fiducia: per questo il Vangelo può essere assunto sine glossa. Per una fiducia ricevuta e ricambiata.
Il Padre è per Francesco una sorta di luogo segreto che lo porta a vivere ciò che ha scelto e a condividere ciò che egli ha sperimentato. Noi non sappiamo che cosa sia realmente accaduto in questo luogo segreto ma possiamo intravedere quello che lì ha compreso a partire da alcune sue affermazioni. È Dio che gli rivelò… Dio che lo condusse… Dio che gli chiese… Dio gli concesse… Dio gli dette la grazia di… Dio lo condusse tra i lebbrosi… Dio gli diede dei fratelli… Dio, dietro ogni cosa della vita di Francesco. Deus meus et omnia, tutto è Dio per Francesco: tu sei ogni nostra ricchezza a sufficienza, ripeterà alla Verna. Vivo e comunicativo è il Dio di cui Francesco fa esperienza, un Dio che sempre di più lo coinvolge fino a conformarlo a sé.
Il Signore ha dato… è il ritornello che soggiace a tutto il Testamento come un gesto di restituzione.
L’incontro con un Dio personale capovolge tutto della sua esistenza introducendolo in un diverso modo di guardare ogni cosa. Gli viene chiesto di fidarsi di Dio, soprattutto quando tutto sembra buio e oscuro, come era accaduto ad Abramo: Dio provvederà. Solo la fiducia e l’abbandono in questo Dio imprevedibile gli farà vivere un viaggio che ha nulla di predeterminato, tutto ancora da scrivere. E l’avventura nella quale Francesco accetta di entrare appare come una sorta di scommessa. Si butta non perché sia sicuro di dove andrà a parare ma perché si fida di chi glielo chiede. E così Francesco abbandona la preoccupazione di garantirsi. A mettere in moto i suoi passi non sarà tanto la consapevolezza di riuscirci ma la fiducia accordata a chi gli si è rivelato.
Una biografia, quella di Francesco, composta non da date ma da avvenimenti a partire dai quali egli si era sentito guardare da Dio. Uno sguardo interiore che lo accompagnerà sempre e sempre si sentirà come all’interno di una relazione in cui rivolgersi dando del Tu a Dio.
La conversione stessa non si realizza a partire da un confronto di valori, di idee, progetti, ma a partire dall’incontro con un Tu. Un incontro che non avviene in una radicale solitudine ma a contatto con la realtà e con gli elementi che la compongono: gli altri, la natura, i conflitti, le tensioni, l’amore, l’allegria, le paure, la stessa morte… Tutto assurge a luogo e opportunità di rivelazione. Tutto del reale (dagli uomini alle cose agli avvenimenti) è un interlocutore valido per lui: de te Altissimo ha significatione. Aperto a tutti gli uomini e a tutti gli esseri per arrivare con loro e attraverso di loro al suo Signore.
Un Dio quotidiano, domestico quello incontrato da Francesco. Solo dopo averlo riconosciuto nella trama dei suoi giorni feriali gli apparirà chiara la voce del Crocifisso di San Damiano.
Quell’incontro riconosciuto e accolto lo porterà alla scoperta del tu del povero e soprattutto del lebbroso, vale a dire a dare diritto di cittadinanza nella sua vita a tutta la dimensione del vulnerabile, dell’indifeso, del marginale, dell’irrilevante. È il Tu di Dio che lo rende capace di ospitalità nei confronti del tu dell’altro emarginato.
Aiutaci, Francesco, a rinnovare il nostro credito di fiducia nei confronti di Dio perché riusciamo ad allargare lo spazio della nostra tenda imparando così ad ospitare quanto a tutta prima sentiamo inospitabile.
A laude di Cristo. Amen.