C’è andare e andare: c’è chi ricorre a Gesù perché sedotto dal suo sguardo e attratto dal suo cuore e c’è chi, invece, cerca solo motivi per contrastarlo così da coglierlo in fallo. C’è chi chiede di essere guarito riconoscendo la propria personale infermità e chi, invece, arriva ad usare la parola di Dio per affermare se stessi.

L’occasione faceva gola. Una donna era stata sorpresa in flagranza di reato: cosa avrebbe detto a riguardo il Maestro di Galilea? La donna era solo un pretesto, ridotta com’era ad oggetto, merce di scambio, bottino di guerra per la condanna a morte di Gesù. La sua vita, infatti, non aveva senso: l’importante era far cadere in trappola Gesù. Accade, infatti, che la vita altrui non vale nulla al fine di perseguire le mie macchinazioni.

Cosa fare? Condannare la donna e venir meno all’annuncio della misericordia o liberarla e porsi contro la legge?

La prima risposta è il silenzio, quasi un’ultima occasione per riuscire a comprendere ciò che egli già ci ha detto nella sua parola. Tuttavia, poiché si tratta di un silenzio assordante che diventa insopportabile per gli accusatori, eccoli che insistono perché finalmente Gesù si esponga. Il silenzio è parte integrante della pedagogia divina: Gesù tace di fronte a domande che nascono soltanto da un desiderio di rivalsa. Non è degno di risposta ciò che non è mosso dalla carità.

Ad un tratto, però, a motivo dell’incalzare come gli animali di fronte alla preda, un vero coupe de theatre: “Chi di voi è senza peccato scagli per primo la pietra contro di lei”. E chi se l’aspettava una simile risposta? Erano andati per condannare la donna e lui e si ritrovano sul banco degli imputati. Non dice né che bisogna disobbedire alla Legge né che la donna non ha peccato: ciò che è vero si impone da sé, non ha bisogno di paladini.

La prospettiva è mutata: non la Legge, non la donna, ma la mia coscienza. A far problema, infatti, non è anzitutto il peccato altrui ma il mio stile di vita, non la vita di un altro ma il mio modo di guardare, non il suo peccato ma il mio rimuovere quello che invece dovrei imparare a guardare. Perché tanta indulgenza nel nascondere dentro di me ciò che invece condanno nell’altro? Chi non ha qualche incoerenza da farsi perdonare? E se ho avuto la grazia di aprire gli occhi su ciò che è bene compiere, sono io a doverlo fare: al più potrò proporlo ma mai pretenderlo.

Gesù non intende mettere nessuno contro un altro ma permettere a tutti di essere salvati proprio attraverso chi viene posto sotto accusa. La giustizia non è perseguita quando finalmente è possibile stabilire che le ragioni di uno sono più valide di quelle di un altro ma quando l’uno riesce ad andare incontro ad un altro.

Donna…

Sulle labbra di Gesù parole che restituiscono la dignità che nessun peccato e nessuna accusa potranno mai intaccare. La vita di un essere umano è molto più della più grande macchia di peccato.

Nessuno ti ha condannata?

Gli accusatori se ne sono andati, è vero, ma in quel nessuno è compresa anche lei: la coscienza del proprio peccato non può rappresentare una condanna a vita. A volte può accadere che i primi accusatori di noi siamo noi stessi, impedendo alla grazia di dio di farci nuove creature.

Non peccare più…

Solo la coscienza di aver ricevuto un perdono inatteso quando già le pietre erano pronte ad essere scagliate su di noi, a permetterci di non cadere più in una rete di morte.