Da qualche anno mi piace avvicinare la passione di Gesù facendomi prendere per mano da chi ne ha accompagnato i passi o ne ha scrutato l’adempiersi. Quest’anno il compito è toccato alla Veronica.
La tradizione ha da sempre custodito la memoria di una donna che, in mezzo a tanta barbarie dispiegata addosso e attorno a Gesù, riesce ad attestare la tenerezza di chi sa che cosa è in gioco in quel frangente. A differenza di Simone di Cirene che era stato costretto a prendere per un tratto la croce al posto di Gesù, quello di Veronica è il gesto spontaneo di chi si fa strada tra la folla e i soldati.
Il suo non è il gesto che imprimerà un nuovo corso agli eventi. Di fatto Gesù morirà. In fondo, che valore ha asciugare un volto? Quel gesto, però, era tutto quello che lei poteva fare e l’ha fatto con risolutezza. Il suo era figura dei gesti di tanti uomini e donne, che sull’esempio del Maestro, nulla hanno trattenuto per loro e si sono ritrovati sulla cattedra del Vangelo come figure che hanno compreso e incarnato lo stile del Figlio di Dio: il ragazzo dei cinque pani e due pesci, la vedova che aveva gettato nel tesoro del tempio pochi spiccioli, cioè quanto aveva per vivere, l’uomo che aveva accettato di slegare il suo asino, quell’altro che aveva messo a disposizione la sala al piano superiore per la cena. La Veronica disponeva di un fazzoletto, l’umile gesto della carezza: non ebbe paura della tenerezza e colui che aveva promesso che neppure un bicchiere d’acqua sarebbe rimasto senza ricompensa, le ha fatto il dono di far rimanere impresso il suo volto proprio su quel fazzoletto.
Ogni gesto di attenzione e di tenerezza verso qualcuno, tesse in chi lo compie la somiglianza con lo stesso Gesù. Un gesto di tenerezza non passa. Anzi, ogni gesto di bontà e di comprensione, di servizio e di cura lascia nel cuore dell’uomo un segno indelebile, che lo rende sempre più simile a colui che “spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo”. “Il Salvatore… imprime la sua somiglianza su ogni atto di carità, come sul lino della Veronica” (Giovanni Paolo II).
Veronica rappresenta l’invito a restare umani proprio quando maggiore è l’ottenebramento dei cuori e più seducente l’attrattiva a cedere alla ferocia e alla violenza.
Ci sono dei momenti in cui senti che devi muoverti ma, talvolta, la paura di restare compromesso ha la meglio. Quando questo accade ci priviamo del dono di vedere impresso su di noi il volto del Signore dipinto proprio grazie al sudore e al sangue del Signore stesso. A vincere la paura non è il coraggio come siamo soliti pensare. La paura la vince solo chi ama. Non è un caso che attorno a Gesù resti il femminile, l’unico in grado di superare il filtro della paura: Veronica e le altre dopo di lei non temono gli insulti, accettano di essere strattonate, lasciano che su di loro vengano urlati improperi e maledizioni. Ma nulla le arresta. Già. Il Cantico dei Cantici lo aveva preannunciato: “Le grandi acque non possono spegnere l’amore né i fiumi travolgerlo”. Cosa che desta stupore è il fatto che “gli operai del male”, di fronte a quel gesto di tenerezza, non osano impedirlo perché si sentono incapaci di agire. Mi piace pensare che quando anche noi diventiamo “operai del male”, forse è perché non abbiamo ricevuto gesti di tenerezza. Ci sono gesti piccoli eppure tanto luminosi da rischiarare le nostre vie che conducono alla morte.
Pietro e gli altri preferirono rifugiarsi “nel loro proprio” onde evitare di trovarsi coinvolti in una vicenda che di certo li avrebbe segnati in qualche modo. Solo chi ama non ha un “proprio” in cui ritirarsi. È dell’amore essere espropriato. Il suo proprio, infatti, è l’amato. L’amore vero si manifesta proprio nella compassione, nella capacità di entrare nella stessa sofferenza dell’altro fino a farla propria. Quello della Veronica non è il gesto della solidarietà ma dell’appartenenza: quell’uomo e quella sofferenza le appartengono.
Cosa sarebbe il mondo senza il gesto di una Veronica? Cosa sarebbe la nostra vita senza il gratuito che non calcola e perciò è fuori della logica dell’utile e del profitto. Ne abbiamo fatto esperienza tante volte quando qualcuno ci ha sorriso o magari ci ha salutato o forse ci ha incoraggiato o, più semplicemente, ci ha accarezzato .
La Veronica ha avuto la grazia di vedere impresso il volto stesso del Figlio di Dio sul suo panno. Anche noi abbiamo avuto la grazia di essere stati fatti a immagine e somiglianza di quel volto. Quella immagine è stata impressa in modo indelebile tanto che può essere offuscata ma mai distrutta: sono e resto figlio! Nella vita, però, può accadere di perderne le sembianze. Cos’altro è l’esistenza se non un recuperare ogni giorno di più i tratti di quel volto che a Cristo più somiglia? Grande è la grazia concessa alla Veronica ma infinitamente più grande è quella concessa a noi!