Ha colto tutti di sorpresa, ieri pomeriggio, la notizia della morte di Antonietta. Per quanto da mesi, ormai, era costretta a stare in casa, nulla, credo, facesse presagire un esito così improvviso e doloroso. Sembra quasi di vederla mentre, con qualche minuto di ritardo rispetto all’inizio delle celebrazioni, guadagnava il suo posto qui tra i …
Ha colto tutti di sorpresa, ieri pomeriggio, la notizia della morte di Antonietta. Per quanto da mesi, ormai, era costretta a stare in casa, nulla, credo, facesse presagire un esito così improvviso e doloroso. Sembra quasi di vederla mentre, con qualche minuto di ritardo rispetto all’inizio delle celebrazioni, guadagnava il suo posto qui tra i primi banchi non già per mettersi in mostra ma per concentrare la sua attenzione. Nutriva nei miei confronti un affetto sincero e una grande venerazione. Sapeva che sono goloso e, perciò, di tanto in tanto arrivava con un dolce che a me piace particolarmente e che lei faceva molto bene.
Il Signore l’ha chiamata a sé proprio nello stesso giorno della morte di san Gerardo a cui era molto legata. Disponibile, sensibile, con un grande senso della famiglia che era ciò attorno a cui ruotava la sua esistenza. Mi ha sempre colpito il fatto che, nonostante siano passati degli anni dalla morte del marito, non ha mai fatto passare un mese senza far celebrare una messa per lui ogni 27. Generosa com’era aveva accettato di collaborare con il nostro Centro d’ascolto interparrocchiale facendo da supporto alle altre volontarie.
Noi prendiamo congedo da lei in un giorno in cui la liturgia ci chiede di fare nostra la domanda rivolta da uno scriba a Gesù. Che cos’è ciò per cui vale la pena vivere e ciò per cui vale la pena morire? Che cos’è che conta davvero?
Come stabilire ciò che davvero fosse vincolante in una marea di prescrizioni e comandamenti di cui era composta la legislazione ebraica: ben 613 norme!
Gesù, attingendo alla Scrittura sacra, conclude che la vita non è anzitutto una questione di codici ma una questione d’amore, nei confronti di Dio e nei confronti del prossimo.
Cosa doni a Dio? Le primizie della tua giornata o gli scampoli delle tue energie? Come puoi riconoscere davvero che tutto ciò che sei e tutto ciò che hai ti viene da un altro, se verso la vita ti atteggi come padrone indiscusso e ritieni tante altre cose prioritarie?
Fermati, ascolta…
Non puoi amare chi non ascolti. Lascia parlare la vita, la tua vita. Quante cose avrebbe da dire il nostro cuore!
Fermati, ascolta…
Cos’hai fatto stamattina per aprire gli occhi al nuovo giorno? Tutto è grazia, tutto è dono. La vita, anzitutto. Tu sei stato preferito alla non esistenza! Qualcuno ti ha voluto, pensato, scelto, fin dalla creazione del mondo. Sei stato costituito interlocutore di Dio! Che dignità! E che compito! Se ne fossimo consapevoli non ci sarebbe istante della nostra storia vissuto nella irriconoscenza. Quando custodisci dentro di te la memoria di un amore, di uno sguardo che ti ha preceduto, non puoi non ricambiare con tutto ciò di cui sei capace.
Fermati, ascolta…
Impara a contenere il tuo “io” e lascia che Dio parli al tuo cuore. Se lo ascolti non potrai non amarlo con tutte le tue forze. Davanti a cosa ti inginocchi?
Fermati, ascolta…
Quando nella tua vita hai riconosciuto ciò che è di Dio, il segno che più lo invera è il modo con cui tu guardi l’altro.
Il prossimo non è determinato da una deduzione teorica, ma da un fatto: il prossimo è l’uomo verso cui ti fai incontro. Essere prossimo non è la stessa cosa che farsi prossimo.
Fermati, ascolta…
Il prossimo ha bisogno di condivisione, prima che di servizio. Occorre accogliere la persona prima ancora di soddisfare il suo bisogno. E forse ci si accorge che l’affamato non ha bisogno anzitutto di un piatto di minestra, ma di un po’ del tuo tempo. Mi ha colpito quello che stamattina Giancarlo e Daniela hanno provato a condividere con me. La sua casa non poche volte era diventato luogo in cui faceva passare chi aveva incontrato qui al Centro d’ascolto. E lo faceva nella fiducia e con un grande senso di accoglienza.
Fermati, ascolta…
Molto interessante la traduzione di Lv 19,18: Amerai il tuo prossimo, egli è come te. Prima che essere io la misura dell’amore dell’altro, devo imparare a guardarlo secondo la giusta prospettiva: imparare a riconoscere che tutti gli umani sono fallibili. L’altro è invocazione permanente a convertirmi alla realtà così come accade sotto i miei occhi: imparare ad assumere il nome, il volto, la storia dell’altro per non vivere relazioni disincarnate.
La comune partecipazione di una stessa esperienza di fragilità è ciò che deve restituirci lo sguardo appropriato per stare all’interno dei nostri rapporti: io non sono diverso da lui, sono fallibile tanto quanto lui e perciò bisognoso di essere amato proprio come lui.
Fermati, ascolta… ci ripete oggi la nostra Antonietta.