Abbiamo appena iniziato l’itinerario quaresimale accogliendo l’invito a noi rivolto dal Signore a tornare a lui. E proprio mentre muoviamo i primi passi, Dio ci rinnova la sua fiducia: egli crede che noi siamo ancora in grado di fidarci di lui e, perciò, possiamo camminare secondo le sue vie. Proprio il suo desiderio di ristabilire la comunione con noi fa appello alla nostra libertà perché possiamo avere chiara la meta verso cui siamo incamminati e possiamo scegliere con quali mezzi raggiungerla.
Sembra quasi, però che nonostante la fiducia del Signore verso di noi, non scontato è il fatto che scegliamo lui. Tante le alternative che il mercato propone e, a volte, preferiamo scegliere quelle che promettono il massimo del risultato con il minimo dello sforzo. Non cominciano così tutti i nostri percorsi dietro le varie realtà che come delle sirene ci ammaliano?
La Quaresima non può iniziare realmente nella nostra vita se non siamo in grado di dare il nome giusto alle cose. Ciascuno è artefice del suo futuro e per questo è necessario discernere cose e persone con cui scegliamo di entrare in relazione.
La scelta è da rinnovare “ogni giorno”. Tanto nelle relazioni quanto nel rapporto con il Signore, non esistono decisioni prese una volta per tutte. La scelta va inverata qui e ora, soprattutto quando la realtà si presenta a noi con tutto il suo peso. La croce da assumere non è la disgrazia da sopportare o la ferita con cui fare i conti. La croce da assumere è la disponibilità a non recedere quando c’è da perdere la faccia pur di non venir meno alla relazione con il Signore. E questo è possibile solo se lui è più importante di me stesso tanto da essere capace di dire di no a me stesso.
Prendere la croce significa riconoscere che la mia realizzazione non è in una ricerca egoistica di un mio star bene ma nel mettere in gioco la mia vita per amore.
Prendere la croce significa avere la capacità di trasformare ogni situazione, persino quella della solitudine o dell’eventuale martirio, in un gesto d’amore.
Gesù ha preso la sua croce a favore del suo popolo proprio nel momento in cui il suo popolo ha scelto di porsi contro di lui.
Per accogliere ciò che il Signore propone o bisogna essere folli oppure follemente innamorati di lui. Il pazzo non ha capito nulla e non sa perché fa determinate cose, il follemente innamorato, invece, ha capito tutto.
Chi sceglie di rinnegare se stesso non lo fa per amore del nulla ma per fare suo il tutto che è Cristo.
Racconta Omero che Ulisse per non cedere al canto delle sirene, ordinò ai suoi compagni di viaggio di turarsi le orecchie con la cera in modo da non sentirne il canto ammaliante, mentre, lui rimase con le orecchie aperte facendosi legare strettamente all’albero maestro della nave. Così egli poté ascoltare le sirene senza lasciarsi sedurre dalle loro melodie e stritolare dalla loro strategia perversa e di morte.
I Padri della chiesa ci dicono che egli è immagine del credente, che percorre le vie e le traversie di questo mondo, con gli occhi spalancati e con le orecchie aperte, ma come lui, se non vuole soccombere, legato all’albero della nave, l’albero della croce.