Fatichiamo non poco a stare a contatto con la nostra personale condizione di limite che non poche volte sentiamo il bisogno di appellarci ad autorità superiori (il cielo, la terra) che avvalorino il peso di quello che affermiamo. Proprio questo modo di agire, però, al dire di Gesù rivela quel senso di vuoto che vorremmo colmare facendo appello a formule altisonanti. Non è un giuramento a trasformare in verità ciò che non ha in sé alcuna consistenza.
Basta la parola, infatti! Proprio come il Signore che crea mediante la parola, così noi, è attraverso di essa che assumiamo l’impegno di far corrispondere mente, cuore e labbra. Tutto di noi ha una sua eloquenza: parlano le parole ma parlano pure i silenzi, parlano gli occhi e parlano le mani. Ciò che è necessario è esercitare il giusto discernimento circa ciò che vogliamo comunicare.
Si è discepoli di Gesù quando il parlare è trasmissione della verità della propria vita
Non giurate affatto…
Un parlare abituale sincero, schietto, tipico di una persona verace, è garanzia più che sufficiente. Come a dire: se quando pronunci un giuramento hai bisogno di metterti alla presenza di Dio, ciò significa che dimentichi che sei sempre alla presenza di Dio. Se ciò che hai sulle labbra corrisponde a ciò che hai nel cuore, allora un semplice sì o no possono bastare. La garanzia del tuo sì o del tuo no è il tuo essere “vero”, non Dio.
Non basta evitare il falso o la calunnia, occorre bandire il linguaggio frivolo e sciocco che non poche volte determina vere e proprie cadute di tono.
Cosa c’è nel mio cuore? Quali sentimenti coltivo?