SUSSIDIO PER LA PREGHIERA PERSONALE  O FAMILIARE IN QUESTO TEMPO DI PROVA

8 aprile 2020 

(A cura di don Antonio Savone, Direttore Segreteria Pastorale Arcidiocesi di Potenza-Muro L.-Marsico N.)

Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?
Chi ci separerà dunque dall'amore di Cristo? 
Forse la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada?
In tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati (Rm 8.31.35.37).

Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.
Pietà di noi, o Signore. Contro di te abbiamo peccato.
Mostraci, Signore, la tua misericordia e donaci la tua salvezza.
Sal 68
 Per te io sopporto l’insulto
e la vergogna mi copre la faccia;
sono diventato un estraneo ai miei fratelli,
uno straniero per i figli di mia madre.
Perché mi divora lo zelo per la tua casa,
gli insulti di chi ti insulta ricadono su di me.
Mi sento venir meno.
Mi aspettavo compassione, ma invano,
consolatori, ma non ne ho trovati.
Mi hanno messo veleno nel cibo
e quando avevo sete mi hanno dato aceto.
Loderò il nome di Dio con un canto,
lo magnificherò con un ringraziamento.
Vedano i poveri e si rallegrino;
voi che cercate Dio, fatevi coraggio,
perché il Signore ascolta i miseri
e non disprezza i suoi che sono prigionieri.

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Dal Vangelo secondo Matteo Mt 26,14-25
In quel tempo, uno dei Dodici, chiamato Giuda Iscariòta, andò dai capi dei sacerdoti e disse: «Quanto volete darmi perché io ve lo consegni?». E quelli gli fissarono trenta monete d’argento. Da quel momento cercava l’occasione propizia per consegnare Gesù.
Il primo giorno degli Ázzimi, i discepoli si avvicinarono a Gesù e gli dissero: «Dove vuoi che prepariamo per te, perché tu possa mangiare la Pasqua?». Ed egli rispose: «Andate in città, da un tale, e ditegli: “Il Maestro dice: Il mio tempo è vicino; farò la Pasqua da te con i miei discepoli”». I discepoli fecero come aveva loro ordinato Gesù, e prepararono la Pasqua.
Venuta la sera, si mise a tavola con i Dodici. Mentre mangiavano, disse: «In verità io vi dico: uno di voi mi tradirà». Ed essi, profondamente rattristati, cominciarono ciascuno a domandargli: «Sono forse io, Signore?». Ed egli rispose: «Colui che ha messo con me la mano nel piatto, è quello che mi tradirà. Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto di lui; ma guai a quell’uomo dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito! Meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!». Giuda, il traditore, disse: «Rabbì, sono forse io?». Gli rispose: «Tu l’hai detto».

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Altri pensieri…
Nel cuore della cena l’annuncio del tradimento. Ci sorprende da una parte e ci consola dall’altra il fatto di sapere che Gesù quella sera si consegnava ad un gruppo di discepoli con le loro riconosciute debolezze e con i loro confessati tradimenti. Si consegnava pur sapendo che quelle mani non erano certo affidabili. Chi di noi lo avrebbe fatto? Noi non ci consegneremmo. Se non abbiamo la garanzia della affidabilità piuttosto non ci esponiamo. Sta qui la vera esposizione dell’Eucaristia. Noi ne abbiamo inventato un’altra tra ceri e fiori sull’altare, ma la vera esposizione è l’esporsi, il suo porsi fuori consegnandosi. Lui, il Signore, ridotto a una cosa. C’è da domandarsi se anche noi non perpetuiamo questa manipolazione del sacramento là dove viviamo dei riti ma non degli incontri.
Come si risponde a un Dio che si espone? Non certo con la diffidenza, non con la paura di rischiare o con la cautela.
“Colui che ha intinto con me la mano nel piatto”: intingere il boccone è, nella Bibbia, un segno di alleanza, di ospitalità. È un gesto che dice la volontà di comunione che anima il maestro persino di fronte a chi lo tradirà.
Il tradimento di Giuda è un tradimento annunciato. È partito da molto lontano: un gesto così non s’improvvisa. Per Giuda Gesù non è il Messia che egli si aspettava. Già in Gv 6,70 l’evangelista mette sulle labbra di Gesù queste parole: Non ho forse scelto io voi, i Dodici? Eppure uno di voi è un diavolo! Cos’è che aveva fatto sì che Giuda divenisse un divisore? Il fatto che Gesù, sapendo che stavano per venire a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sulla montagna, tutto solo (Gv 6,15).
Giuda non concorda con Gesù nel modo di vedere le cose e soprattutto nell’intervento da intraprendere. Il suo modo di intendere il Cristo era tanto distante da quel povero Cristo incamminato verso una croce.
Giuda, in questa vigilia del Triduo Santo, è per noi sprone a verificare le nostre aspettative nel permanere alla sequela del Signore Gesù. Quante volte non concordiamo con il suo Vangelo! Quante volte vediamo scombussolati i nostri piani! Talvolta percepiamo il Signore quasi come un fastidio, un intralcio dal momento che non è catalogabile nei nostri schemi e progetti. Giuda voleva che il Cristo fosse “suo”. In fondo si perpetua continuamente lasciare il vero Dio a discorrere sul monte con Mosè e così costruircene uno a valle a nostra misura. E non poche volte troviamo anche qualche Aronne disposto ad aiutarci in una simile impresa.
Quest’oggi ci chiediamo: io chi seguo?
Non è che Giuda abbia preferito un’altra strada: aveva scelto un altro modo di stare su quella medesima strada. La sua è una sorta di sequela parallela: non segue più il Signore, gli cammina accanto ma perseguendo suoi pensieri e miraggi. È un cammino fatto insieme quanto a passi ma tanto distante nella mente e nel cuore. Giuda continua ad appartenere al gruppo ma dentro di lui non è più dei Dodici. Si professa come uno di loro senza appartenere più a loro.
Accanto a Gesù con i passi ma non condivide i suoi gesti e i gesti d’amore nei confronti del Maestro. Giuda non ha il coraggio di guardarsi allo specchio e riconoscere chi è in realtà. Non è forse questa la nostra, la mia condizione? Continuiamo a dirci credenti, discepoli ma poco abbiamo del credente e del discepolo. Forse anche noi siamo discepoli (impariamo tante cose dal Maestro) ma non più seguaci (non pensiamo e non viviamo alla maniera del Maestro).
È vero: ci vuole coraggio per scegliere il Signore ma ce ne vuole almeno altrettanto per discostarci da lui. E così ci barcameniamo. E come Giuda finiamo per servirci persino dei gesti di amicizia senza caricarli più del loro significato. Giuda pone gesti di amicizia (mangia il boccone offerto dal Signore) ma si pone fuori da quell’amicizia.
Quale significato io do ai gesti di comunione che pongo in atto?
(don Antonio Savone)

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Preghiera nel tempo della prova
Signore, Padre Santo,
tu che nulla disprezzi di quanto hai creato
e desideri che ogni uomo abbia la pienezza della vita,
guarda alla nostra fragilità che ci inclina a cedere.
Fa’ che il nostro cuore regga in quest’ora di prova.
Perdona la nostra incapacità a far memoria di quanto hai operato per noi.
Allontana da noi ogni male.
Se tu sei con noi chi potrà essere contro di noi?
In ogni avversità noi siamo più che vincitori in virtù di colui che ci ha amati.
Facci comprendere che la bellezza che salva il mondo è l’amore che condivide il dolore.
Benedici gli sforzi di quanti si adoperano per la nostra incolumità:
illumina i ricercatori, dà forza a quanti si prendono cura dei malati,
concedi a tutti la gioia e la responsabilità di sentirsi gli uni custodi degli altri.
Dona la tua pace a chi hai chiamato a te,
allevia la pena di chi piange per la morte dei propri cari.
Fa’ che anche noi, come il tuo Figlio Gesù,
passiamo in mezzo ai fratelli sanando le ferite e promuovendo il bene.
Intercedano per noi Maria nostra Madre
e tutti i Santi i quali non hanno mai smarrito la certezza
che tutto concorre al bene per coloro che amano Dio.
Amen.