il verbo si fececarneMi sono chiesto perché mai riascoltare un brano evangelico che abbiamo già avuto modo di sentire il giorno di Natale? E mi sovveniva un’immagine molto feriale (mi si perdoni l’accostamento): quella di una persona cara che mentre stai andando via e magari hai già varcato la soglia muovendo i passi verso la strada ti chiede se hai davvero preso tutto con te e se per caso non hai dimenticato qualcosa. Ecco, proprio mentre stiamo per rientrare nel ritmo feriale la liturgia viene a chiederci se abbiamo davvero compreso ciò che in questi giorni è accaduto. Se siamo davvero consapevoli – per dirla con Paolo – della speranza alla quale siamo chiamati e quale tesoro di gloria è stato preparato per noi. Perché la ricchezza del mistero dell’Incarnazione non può esaurirsi nel conto decimale dei giorni del Natale. Va oltre. Ben oltre. “In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio”. È parola che tocca il cuore: dà gioia sapere che non siamo allo sbando. Pensate cosa significhi in questo momento storico sentirsi ripetere che all’inizio c’è una sapienza, c’è un senso intelligente delle cose, prima dei secoli, fin dal principio. Non il caso, non il disordine, non l’assurdo, non la disarmonia ma la Parola, il Disegno, una luce. Non le cose fatte a casaccio, ma un progetto, il Verbo, Gesù, che le illumina tutte. È a questa parola che oggi più che mai veniamo ad attingere, oggi, cioè nei giorni in cui siamo presi al cuore come da una sensazione angosciante di non senso, come se la storia fosse una barca senza timoniere. Oggi ci viene annunciato: forse il senso ti sfugge, ma c’è un disegno, c’è una parola… Resisti, non perderti d’animo. Prova a scrutarlo illuminato dalla parola del Vangelo.
Sta a me aprirmi alla luce e cominciare a cogliere, sia pure velatamente, il senso delle cose. Un giorno Gesù dirà: “beato chiunque non sarà scandalizzato di me!” (Lc 7,23). Perché? Perché il nostro Dio non cessa di porci dinanzi a segni fragili: “questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce che giace in una mangiatoia”. Il segno c’è. Ma non lasciarti prendere troppo dall’immagine di un Messia potente: rimarresti deluso, scandalizzato di un Messia debole, svuotato di ogni potenza. Di un Dio debole ci si può scandalizzare. Di nuovo: cercare i segni o riconoscere i segni? A quanti lo hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio… Oggi, infatti, l’accento non è posto tanto sul mistero dell’incarnazione quanto sul nostro natale. Cosa accade infatti nel Natale e quando accade il Natale? Il Natale si compie tutte le volte che un credito di fiducia è accordato alla Parola del Vangelo tanto da renderla di nuovo attuale, tanto da farla diventare carne, appunto. Quando questo accade anche la nostra esistenza diventa racconto, racconto di come è Dio. Il rischio tutt’altro che remoto è che accada a noi quello che Gesù rimproverava ai farisei che vantavano di essere figli di Abramo senza fare le opere di Abramo. Perché sia Natale c’è una tenda da montare in quel lembo di terra che è la mia umanità. Lì. Come il Figlio Gesù, così i figli, così la comunità cristiana: montando tende. E per montare tende è necessario uscire dal proprio palazzo, lasciare gli apparati. Entriamo tra coloro che lo hanno accolto solo quando ne perpetuiamo lo stile, non già quando rivendichiamo primogeniture identificando le nostre parole con lo stesso Verbo di Dio e individuando il mondo che non lo ha riconosciuto con il mondo che rifiuta noi e le nostre sicurezze. Ma io con che occhi guardo questa mia umanità? Di giudizio? Di condanna? Oppure di misericordia e benevolenza? Montare la tenda attraverso i gesti del prendersi cura e così narrare di un Dio che ha tanto amato il mondo da farsi compagno di viaggio del suo popolo, narrare di un Dio che si compiace abitare in mezzo agli uomini, quali che siano, non scelti secondo determinate categorie o criteri. Come siamo distanti da quell’atteggiamento che a volte guarda il mondo con disprezzo: ma perché per la comunità cristiana c’è sempre un mondo da cui prendere le distanze, sempre nemici dietro l’angolo? Proprio all’opposto di quel movimento di continuo avvicinamento che ha caratterizzato Dio.
Certo, il mistero dell’incarnazione si è compiuto nella persona di Gesù una volta per tutte, ma la risonanza di quell’evento non è mai definitivamente compiuta. Dio sente il bisogno di “dirsi”, di comunicarsi. Ancora oggi. Attraverso parole/eventi che provengono da ogni dove. Per questo è necessario stare nei confronti della vita tutta in un perenne atteggiamento di ascolto non condizionato.