https://www.youtube.com/watch?v=5ENnLeMlbIk Un annuncio e un invito sono il cantus firmus di questa liturgia: “Il Signore ha revocato la tua condanna” (l’annuncio). “Gioisci, Rallegrati, Canta ed esulta. Rallegratevi” (l’invito). Sofonia annuncia Dio commosso dalla gioia che tu gli dai, Dio che danza: l’esultanza è proprio uscire da sé e lasciarsi andare al canto, alla danza. Egli …

Un annuncio e un invito sono il cantus firmus di questa liturgia: “Il Signore ha revocato la tua condanna” (l’annuncio). “Gioisci, Rallegrati, Canta ed esulta. Rallegratevi” (l’invito).

Sofonia annuncia Dio commosso dalla gioia che tu gli dai, Dio che danza: l’esultanza è proprio uscire da sé e lasciarsi andare al canto, alla danza. Egli si rallegrerà per te con grida di gioia come nei giorni di festa. Dio grida proprio a me: Tu mi fai felice. Dio gioisce per me: Tu sei la mia gioia. Dio mette la sua felicità nelle nostre mani!

Al tempo di Sofonia i problemi c’erano eccome: idolatria, ingiustizia, abusi di potere. In una situazione come questa giunge l’annuncio di una possibilità nuova. Dio dischiude continuamente varchi di speranza: Il Signore tuo Dio è in mezzo a te. Varchi di speranza aperti attraverso uomini e donne capaci di indicare l’oltre di ogni evento, uomini e donne non appiattiti, non rassegnati, non spenti, non travolti dalle situazioni.

Paolo è in prigione quando rivolge il suo invito a rallegrarsi sempre. Come si fa a scrivere così da un carcere? Da dove questa forza? Da una consapevolezza: Il Signore è vicino!

Francesco d’Assisi parlerà di perfetta letizia in un contesto di riprovazione e di rifiuto della sua stessa presenza.

La gioia cristiana non è come quella descritta nell’Inno alla gioia di Beethoven. Lì si dice: “Chi ha avuto la gioia di possedere un amico o una buona moglie, chi ha conosciuto, non fosse che per un’ora sola, cos’è l’amore, questi si accosti pure; ma chi non ha conosciuto nulla di tutto ciò, è bene che si allontani, piangendo, dalla nostra cerchia”. La gioia che viene dal Signore è per tutti e non è spenta neppure dalla tribolazione.

Che cosa dobbiamo fare, allora?

A quanti chiedevano il battesimo che praticava, il Battista aveva ribadito di non cercare sicurezza in un rito che rischiava di essere nulla di più di un bagno e tantomeno presumere di sé solo perché ci si vantava di avere Abramo per padre.

Che cosa dobbiamo fare? Ci sono frangenti della vita personale, sociale, ecclesiale in cui questa domanda risuona con più forza ed esprime il bisogno di una soluzione per ciò in cui ci si è cacciati. Solitamente si tratta di una domanda rivolta a qualcuno che dall’esterno dia finalmente il suo responso risolutore. Molto più difficile, invece, misurarsi con il discernimento personale che esprime il senso di responsabilità con cui si sta nella vita.

Che cosa dobbiamo fare? La soluzione non è fuori di noi e non risiede neppure nel cambiare mestiere ma nel cambiare il cuore. Continua a fare quello che stai facendo e fallo nel modo più consapevole. Fare bene il bene. Chi si aspettava chissà quali percorsi iniziatici o spirituali resta deluso di un modo tanto ovvio di rispondere.

Alle folle chiede la condivisione di cibo e vestiti perché non sia lesa la dignità di alcuno. La dignità è fatta di attenzione, di tempo condiviso, di ascolto praticato, di riconoscimento delle capacità altrui. E questo non per tacitare la propria coscienza donando ciò che avanza: se hai di più, infatti, è per condividerlo non già per trattenerlo.

Ai pubblicani addetti alla riscossione delle tasse chiede di accontentarsi di quanto già si possiede e di non approfittare mai delle persone e dei loro momenti di vulnerabilità. Se devi fare un preventivo non gonfiare i prezzi; non far passare un prodotto scadente per uno buono; non giocare con la buona fede di chi si interfaccia con te, non usare il denaro con leggerezza e in modo improprio. Non speculare se amministri la cosa pubblica, non taglieggiare, coniuga nel modo giusto lavoro e affetti, impegno e relazioni.

Ai soldati, ossia a chiunque eserciti un potere, chiede di non approfittare della propria posizione e del proprio ruolo. Lo sfruttamento, le discriminazioni, il mobbing perpetrato nei confronti di un sottoposto, le umiliazioni, le stesse minacce, i ricatti, i favori hanno nulla da spartire con una vita conforme al vangelo.

Non c’è crisi che si risolva solo con un rinnovato piano che attinga a risorse pescate altrove. La crisi, infatti, anche quella economica, è anzitutto una crisi del cuore. Cominciate ad aiutarvi a vicenda, ripete a noi il Battista quest’oggi, e tutti vedranno riconosciuta la propria dignità.