https://www.youtube.com/watch?v=z6VjIWDrfwQ Era l’unico che ci vedeva bene, Bartimeo, sebbene fosse cieco. L’unico che aveva chiaro cosa si stesse consumando lungo quella strada che da Gerico portava a Gerusalemme. Non si spiegherebbe altrimenti il suo gridare e il suo non accettare di essere messo a tacere dalle intimidazioni di una folla che, pur disponendo degli occhi …

Era l’unico che ci vedeva bene, Bartimeo, sebbene fosse cieco. L’unico che aveva chiaro cosa si stesse consumando lungo quella strada che da Gerico portava a Gerusalemme. Non si spiegherebbe altrimenti il suo gridare e il suo non accettare di essere messo a tacere dalle intimidazioni di una folla che, pur disponendo degli occhi del corpo mancava, invece, di quelli della fede.

L’agenda non riportava un appuntamento di Gesù con il cieco quel giorno. Per questo, i discepoli fanno muro e lo redarguiscono: ben altre erano le cose da adempiere piuttosto che perdere tempo con uno che mendicava sul ciglio della strada. Avrebbero voluto mettere a tacere il grido di dolore come si fa oggi col silenzioso al cellulare perché non disturbasse.

Ma Bartimeo aveva intuito che quell’uomo dietro il quale tutti si muovevano con attese improprie (l’evangelista Marco aveva appena narrato la evidente cecità dei discepoli che neppure di fronte all’annuncio della passione erano riusciti a distrarre la loro attenzione dai loro sogni di gloria) era il Figlio di Davide, l’atteso, il Messia. Se la cecità aveva spento la luce dei suoi occhi, non era riuscita affatto a mettere a tacere la sua ardente attesa, il suo desiderio di conoscere il giorno del Signore. Per questo, quando si ritrova davanti a Gesù che gli chiede che volto abbia il suo desiderio, Bartimeo non tarda a chiamare per nome la sua condizione: ammette di essere un invalido bisognoso di apprendere a guardare le cose nella giusta luce.

Quella di Bartimeo è la storia di ognuno di noi. L’isolamento, la mendicità, la fissità e la marginalità sono elementi che conosciamo molto bene. La cecità da cui era affetto, infatti, non era solo una cecità fisica ma simbolica. Può accadere anche a noi di non riuscire più a leggere le cose nella giusta luce e, perciò, quasi a subire circostanze e situazioni senza poterle integrare in una visione d’insieme. Lo scoraggiamento e, talvolta, la disperazione finiscono per gettarci ai margini della nostra vita o buttati su un divano, salvo mendicare uno scampolo di attenzione che non poche volte ci è concessa con fare annoiato.

Bartimeo, però, ha memoria della luce, sa cosa significa disporre della capacità di non subire gli eventi e perciò non si rassegna. Grida a tal punto da strappare l’unica attenzione che ci necessita, quella di Gesù. Bartimeo non si piange addosso disposto com’è a passare dal bisogno al grido di aiuto. Non ha paura di porsi le domande giuste tanto da stare a contatto con il proprio limite senza disperarsi. Bartimeo “si accorge” di ciò che gli accade intorno, permette che la vita gli parli ancora senza ripiegare nell’ineluttabilità di un destino avverso. Tutto attorno c’è un mondo che non sopporta la sua supplica ma egli non demorde.

Ancora non vede ma già balza in piedi gettando via il proprio mantello, ossia un mondo abitudinario e non poco condizionante. Si fida di ciò che qualcuno gli ha detto e per questo osa smettere di starsene isolato, fisso, ai margini e continuando a chiedere agli interlocutori sbagliati.

Tutto questo, però, non basta. Non basta riconoscerci ciechi, non è sufficiente fermarci a un primo annuncio di Gesù e di quello che egli potrebbe significare. Non basta neppure vivere un vero incontro con lui se questo non dischiude anche per noi, come già per Bartimeo, la disponibilità a seguirlo per la medesima strada. Ma quella strada, tra non molti giorni, finirà ai piedi di una croce. Te la senti di arrivare ad amare così o, forse, si stava meglio quando si stava peggio?