Gli evangelisti riportano che durante le ultime ore di vita di Gesù, ci fu un tentativo da parte di Pilato di liberarlo lasciando che la folla decidesse se avere libero lui o Barabba. E sappiamo come andarono le cose. Ho voluto chiedere a quest’ultimo cosa abbia significato per lui essere preferito al Figlio stesso di Dio. Gli ho chiesto di guidarci prendendoci per mano perché non ci sfugga la portata di quanto stiamo celebrando in questi giorni santi.
Chi sei, Barabba? Sono un criminale, un dissidente, un “brigante”, un sobillatore, un combattente per la resistenza, “un prigioniero famoso” secondo il vangelo di Mt. Sono un personaggio scomodo, un nemico di Roma. Sono uno che ha vissuto di espedienti. Mi trovo in carcere perché arrestato durante una sommossa in cui c’è scappato il morto. Sì, ho ucciso. E la pena prevista per un simile reato era la morte. Chi l’avrebbe mai pensato che la mia vita potesse avere tutt’altro sbocco rispetto a quello previsto dalla legge? Mi sono ritrovato accanto ad un innocente, il quale non era reo di nulla. Anzi: era passato sanando e beneficando quanti erano prigionieri del male. Io avevo tutti i motivi per essere messo a morte, lui no: senz’altro sarebbe stato risparmiato. Non si può essere uccisi per essersi proclamato figlio di Dio. Allora io che dovrei dire? Io porto nel mio nome il motivo della sua accusa: Barabba non significa, forse, figlio del Padre?
Le cose, però, andarono diversamente: lui condannato, io liberato. L’innocente al posto del colpevole. A me fu dato il titolo, il valore e la dignità del figlio amato da Dio. Davvero Gesù “non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio ma spogliò se stesso” per rivestire me di ciò che per natura spettava solo a lui.
Alla folla furono offerti due figli perché essa potesse fare la sua scelta. Essi incarnano due modi diversi di stare di fronte alla vita, alla storia: io ero il prototipo dell’azione violenta per essere finalmente liberati dal potere di Roma, Gesù, invece, predicava misericordia, amore, mitezza. Cosa scegliere? La prevaricazione o la strada del perdere se stessi?
La folla scelse e le cose si capovolsero: la grazia per il peccatore ha significato la condanna del giusto. Son davvero strani i pensieri degli uomini quando in nome di una legge finiscono per venir meno alla giustizia: legali ma non giusti. Accadde quel giorno, accade ogni giorno. La folla decise di restituirmi la libertà pur sapendo che cosa essa significasse per me: avrebbe preferito altri morti e altre sommosse piuttosto che misurarsi con l’alternativa rappresentata da Gesù. Il popolo sapeva che pur essendo un uomo libero, in realtà io sarei rimasto sempre prigioniero della mia volontà di distruzione mentre quel Gesù in catene rimaneva libero di fare ancora del bene pur ridotto all’impotenza.
Eppure, se ci pensi, questa è la storia della salvezza: per riscattare lo schiavo è stato sacrificato il figlio. Il Figlio di Dio Gesù si mette al posto del figlio Barabba: al mio posto nella lontananza e nella prigionia diventando addirittura separazione e peccato. Il Figlio di Dio cede tutto di sé perché ogni Barabba, ogni figlio di Dio possa recuperare la sua dignità. Già, Barabba è il mio nome, ma può essere a buon diritto anche il vostro.
Tutti eravamo meritevoli d’ira, nessuno escluso. Su tutti pendeva una sentenza di morte. “Ma Dio, per il grande amore con il quale ci ha amati, da morti che eravamo per i peccati ci ha fatto rivivere in Cristo”. Io, Barabba, sono figura dell’umanità nuova che nasce dalla morte di Cristo. Se Gesù non avesse accettato di essere obbediente fino alla morte e alla morte di croce, quel giorno avrei intrapreso senza dubbio la strada del patibolo.
Tanti si sono chiesti che cosa ne fu della mia vita dopo quel giorno. No, non perdere tempo a curiosare. Soffermati piuttosto su te stesso: tu sei Barabba. Che cosa vuoi farne di questo mirabile scambio?
Per bocca di Pilato è Dio che chiede: “Chi volete che vi liberi?”. Si tratta di una domanda a noi posta infinite volte durante l’arco della giornata.
“Chi volete che vi liberi”, la libertà perseguita con la violenza e che rende l’uomo schiavo di se stesso o quella raggiunta attraverso il dono di sé?
“Chi volete che vi liberi”, il giusto o il conveniente, il profitto immediato o la verità?