Pagina di chiesa quella odierna: una pagina in cui ci è narrato ciò che una comunità di fratelli e sorelle è in grado di inventare là dove percepisce che la situazione di un uomo gli sta a cuore. I care, amava ripetere don Milani. Una comunità che pur riconoscendo di non poter risolvere in positivo il disagio di incomunicabilità al suo interno, non ricusa di farsi carico dell’immobilità e della sordità che affligge uno di loro: gli condussero un sordomuto pregandolo di imporgli la mano. Il disagio di uno è il disagio di tutti, segno di una comunità unita. Che immagine di Chiesa quella in cui ognuno porta un altro e si lascia portare da un altro! Immagine presto dimenticata e sostituita da altre che nulla hanno a che vedere con il volto di Chiesa delineato dal suo Signore.
Inoltre, pagina di apertura e accoglienza in terra pagana…
Nessuno lo avrebbe immaginato che dopo il rifiuto oppostogli in un territorio “religioso” dagli esperti della Parola di Dio – scribi e farisei – Gesù potesse trovare riconoscimento in un territorio pagano. Un regno, il suo, che non conosce frontiere: nessuno deve esserne escluso.  Fuori da un ambito confessionale, un sordomuto – figura di chi per sua condizione non può ascoltare la parola di Dio e dunque non può rivolgersi a Dio in modo corretto – diventa figura, invece, di chi si apre all’accoglienza di come Gesù narra Dio.
Non è più, allora, un luogo o un popolo particolari a dire la disponibilità ad accogliere la Parola di Dio, ma il cuore di ogni uomo come unico spazio che acconsente a Dio di rivelarsi.
Il Dio narrato da Gesù, infatti, è un Dio che abbattendo ogni distanza culturale e religiosa assume e porta a compimento tutto ciò che nella vita di un uomo indica menomazione, mancanza, impossibilità a realizzarsi in pieno. Un Dio che si manifesta nei segni del prendersi cura. Quando il Battista patirà lo scandalo di un Messia debole e invierà i discepoli a chiedere a Gesù se non bisognava attendere un altro, sarà proprio ai gesti della cura che Gesù farà riferimento.
Il Dio narrato da Gesù non è l’approdo di un uomo che finalmente, dopo aver raggiunto una sua perfezione, può meritare di avere accesso a lui. È piuttosto il Dio che liberamente sceglie di entrare nella storia dell’uomo quale è, in una umanità malata, fatta di ciechi, zoppi, poveri, sfiduciati. A questa umanità ripete parole e gesti di speranza: dite agli smarriti di cuore: coraggio! Il suo desiderio più grande è di stare di fronte all’uomo alla pari in una disponibilità al dialogo e perciò alla comunione. Un Dio che, dopo aver ricercato una relazione personale – lo condusse in disparte –  rivolge la parola per primo e per farlo non si tiene a distanza, tanto è vero che non teme di varcare la soglia dell’impuro quando entra in un territorio pagano.
Un Dio che ridona fiducia a chi ancora non ne può usufruire appieno: Dio crede che ciascuno può portare a compimento ciò di cui si è depositari. Anche Dio spera. Anche Dio crede. E gioca d’anticipo, pur sapendo che la riuscita non ha alcuna garanzia.
Infine, pagina di iniziazione, quella odierna. Il sordomuto del vangelo è immagine dei discepoli che, chiusi nel loro mondo, hanno bisogno di ascoltare/accogliere il modo in cui Gesù va disvelando il suo essere Messia. Attese improprie abitano il loro cuore e non tarderanno a manifestarle quando invocheranno un Messia potente. Fa fatica Gesù a far sì che il loro cuore si apra: per questo è necessario lasciarsi portare in disparte, dove fuori dalla chiacchiera religiosa ci sia spazio perché Dio dischiuda il suo orizzonte e il suo progetto.

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Dal Vangelo secondo Marco 7,31-37

In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli.
Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente.
E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».