Simeone ci attira anzitutto per il suo sguardo: i suoi occhi erano consumati dall’attesa di vedere finalmente il Messia, ma luminosissimi perché sempre orientati verso un compimento. Il suo desiderio è stato esaudito: la speranza è diventata realtà, tanto da poterla prendere in braccio. Non c’è più spazio per altri desideri perché l’unico desiderio che attraversava le sue giornate era l’incontro con il Signore Gesù. Il suo sguardo, più di ogni altra cosa, ha sempre manifestato lo scopo per cui è vissuto.

Cosa vede Simeone? Vede l’umanità di un bambino e la accoglie tra le sue braccia. Un bambino come tutti gli altri. Eppure, gli occhi di Simeone riescono a leggere in quel bambino qualcosa di unico: per lui quel bambino è il Salvatore, la luce delle genti, il segno di contraddizione. Persino Maria e Giuseppe che conoscevano l’identità vera di quel bambino “si stupivano delle cose che si dicevano di lui”. Simeone riconosce che Dio salva nella debolezza, nella semplicità, nell’umiltà, nella povertà. Adempimento delle promesse di Dio la fragilità di un bambino che ha bisogno di essere retto, guarda caso, da un altro fragile, un anziano. Restiamo non poche volte scandalizzati dell’umiltà di Dio, del silenzio di Dio, tanto da rifuggirlo perché non lo riteniamo eloquente. È segno di grande speranza che Dio si riveli così ma grande è il rischio di non riconoscerlo. Dove sono i sacerdoti del tempio? Sono assenti: quello è solo un bambino come tanti altri. Un vecchio che aspettava solo la morte e una vedova di 84 anni, gli unici che si fanno trovare all’appuntamento. Dio si rivela nel più grande abbassamento: ora in un bimbo, domani su una croce, poi in un pezzo di pane. Si manifesta sempre come uno chiede di essere accolto, in quel bambino affidato alle cure di altri o in quell’uomo che attende delle braccia per essere deposto dalla croce o in quel pane che chiede di essere accolto.

Quante cose vediamo, ma cosa vi riconosciamo? Cosa vi leggiamo?

Persona capace di sguardo, Simeone, e persona capace di gesti: agli occhi fanno seguito le mani, le labbra e il cuore: “lo prese tra le braccia e benedisse Dio”. Come Simeone anche noi siamo chiamati a prendere tra le braccia il dono che Dio ancora una volta ci offre. L’esperienza umana insegna che il prendere tra le braccia significa unire strettamente a sé, legare al proprio cuore la persona alla quale ci si consegna. Ma per prendere tra le braccia il Signore Gesù è necessario cercarlo e desiderarlo in ogni momento della nostra esistenza. Va cercato a lungo e senza stanchezze.

“Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori”.

Simeone ci ricorda che il Signore Gesù può essere accolto o rifiutato, possiamo lasciarci guardare dai suoi occhi ma anche distogliere da lui il nostro sguardo. Anche noi possiamo preferire le tenebre alla luce e perdere la freschezza e lo slancio di un tempo, come ricorda Ap 2,4: “Ho da rimproverarti che hai abbandonato il tuo amore di un tempo”.

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Dal Vangelo secondo Luca (2,22-35)
 
Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, [Maria e Giuseppe] portarono il bambino [Gesù] a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.
Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:
«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo
vada in pace, secondo la tua parola,
perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,
preparata da te davanti a tutti i popoli:
luce per rivelarti alle genti
e gloria del tuo popolo, Israele».
Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima -, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori».