I distacchi dalle persone che amiamo sono sempre delle lacerazioni, una sorta di sconquassamento emotivo e psicologico che ci chiede di rivisitare tutto il nostro mondo affettivo e relazionale. Quando poi avvengono improvvisamente come nel caso di Maria Giuseppina, lo sono ancora di più, perché non ci è dato neppure il tempo di un’ultima carezza, un ultimo bacio, un’ultima confidenza.

Ci ha colti tutti di sorpresa la scomparsa di Maria Giuseppina: solo sabato sera, accompagnata dalla figlia Vita, aveva preso parte alla messa nel trigesimo di Gina, sua collega negli anni di servizio al Brefotrofio. E domenica, come di consueto, si era fatta accompagnare al cimitero per far visita a suo marito, scomparso solo un anno fa. Di certo, però, lei era preparata all’incontro con il Signore. La sua è stata un’esistenza in punta di piedi, proprio come se n’è andata, nel silenzio del riposo pomeridiano.

Liturgia di commiato quella che stiamo celebrando e perciò liturgia nella quale dare ascolto alla tristezza e al dolore per la scomparsa di Maria Giuseppina. Il dolore infatti è sempre commisurato al legame e alla rilevanza che una persona ha avuto nella nostra storia.

Ma quella che stiamo celebrando è anche liturgia di gratitudine per quello spiraglio di luce che attraverso Maria Giuseppina ha fatto capolino nella vostra vita.

Liturgia di amicizia: in questo momento ci stringiamo attorno a voi suoi cari chiamati a leggere in questo distacco non l’ultima parola su mamma ma la fecondità del seme che muore per portare molto più frutto, quello che nel nostro immaginario sempre angusto neppure osiamo sperare o immaginare. Quella che stiamo celebrando, infatti, è la Pasqua di Maria Giuseppina, senz’altro Pasqua feconda pur nella fatica e nella tristezza dell’assenza fisica.

Questa è, inoltre, anche una liturgia di consegne: non solo la nostra consegna al Signore dell’esistenza di questa nostra sorella ma anche liturgia delle consegne da parte sua a quanti siamo qui.

La consegna, anzitutto, di uno stile sobrio, discreto, senza eccessi.

La consegna, poi, di uno stile segnato dai tratti dell’affabilità.

Una presenza attenta, discreta e nondimeno molto importante e preziosa nella vita della sua famiglia. donna che amava l’amicizia, la compagnia, che stravedeva per Vita e Roberto e per il piccolo Antonio.

Capace di “prendere in mano la sua vita e trascinarla in salvo” (Jovanotti) nei momenti difficili…

Ben a diritto si applicano a lei le parole del vangelo: vieni, serva buona e fedele. Sempre pronta, con la cintura ai fianchi e la lucerna accesa.

Ha amministrato la vita servendola proprio con i tratti della fedeltà e della bontà verso chiunque. È stata al pezzo, diremmo noi. Proprio come una persona consapevole che questo era ciò che la vita le aveva chiesto e lei si onorava di adempierlo. Restituendo sapore di vangelo, quello fatto di cose gratuite.

Ha narrato con il suo quotidiano di un Dio che sta nella cura dei legami. Ecco la normalità della fede che di nuovo dobbiamo tornare a imparare. Uno che ha una storia reale con Dio – di quella normale, appunto – si vede dalla naturalezza con cui sta nella vita. Dice tutto anche con un gesto della mano. Proprio come ha fatto il Signore Gesù nel mistero di Nazaret.

Ecco perché oggi non siamo qui a misurare il vuoto lasciato dalla sua assenza fisica ma siamo qui a registrare le tracce del suo passaggio nella vita di ciascuno di voi.