SUSSIDIO PER LA PREGHIERA PERSONALE  O FAMILIARE IN QUESTO TEMPO DI PROVA

1 maggio 2020 

(A cura di don Antonio Savone, Direttore Segreteria Pastorale Arcidiocesi di Potenza-Muro L.-Marsico N.)

Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?
Chi ci separerà dunque dall'amore di Cristo? 
Forse la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada?
In tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati (Rm 8.31.35.37).

Introduzione
Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.
Il Signore è veramente risorto, alleluia.
Ed è apparso ai discepoli, alleluia.
Preghiamo
Dio onnipotente, che ci hai dato la grazia
di conoscere il lieto annunzio della risurrezione,
fa’ che rinasciamo a vita nuova per la forza
del tuo Spirito di amore.
Per Cristo nostro Signore. Amen.

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Sal 116
Genti tutte, lodate il Signore,
popoli tutti, cantate la sua lode.
Perché forte è il suo amore per noi
e la fedeltà del Signore dura per sempre.

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Dal Vangelo secondo Giovanni (6,52-59)
In quel tempo, i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno». Gesù disse queste cose, insegnando nella sinagoga a Cafàrnao.

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Diventare pane
La sua nascita lo aveva portato a piantare la sua tenda in mezzo a noi, ad assumere fino in fondo i tratti della nostra umanità. Il mistero del suo amore lo spingerà ancora più oltre: a porre la sua dimora dentro di noi, segno di un Dio non da inseguire attraverso chissà quali vie segrete svelate a pochi iniziati, ma da accogliere come cibo che può saziare la nostra fame e sete di senso.
La vita cristiana – offerta che tutti possono accogliere purché consapevoli della propria fame e della propria sete – non è allora anzitutto un culto da offrire o un’etica da assumere. Troppo spesso abbiamo ridotto il Cristo a un modello da imitare, che tuttavia rimane all’esterno della nostra vita. La proposta di vita cristiana non è fare di noi dei buoni cristiani. È molto di più: è arrivare a vivere di colui del quale ci si nutre. Noi diventare lui, Cristo! È poter giungere a dire con Paolo: “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me” (Gal 2,20).
Gesù ha vissuto in un certo modo, ha scelto preferenzialmente una vita di condivisione con gli ultimi, ha riportato al centro l’uomo a prescindere da tutto ciò che ne avesse potuto deturpare la sua dignità (peccatore, pubblicano, prostituta…), ha praticato la giustizia, ha amato fino alla fine coloro dai quali non ha ricevuto che rinnegamento e tradimento. Dicendo ai discepoli di mangiare lui come pane di vita, chiede loro di assumere questa scelta di vita.
È questo il senso del nostro partecipare all’Eucaristia e nutrirci del pane della vita. Questo è il senso del nostro “fare la comunione”. Tre sono le condizioni per fare degnamente la comunione: 1) essere in stato di grazia e cioè senza peccato mortale; 2) sapere e pensare Chi si va a ricevere; 3) essere digiuni da almeno un’ora. Tuttavia, se queste non sono precedute e accompagnate dalla disponibilità a lasciar scorrere nella mia vita la vita stessa di Dio, l’Eucaristia rischia di rimanere soltanto un rito.
Se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo… non avete in voi la vita.
La proposta è paradossale. Ci viene detto che se vogliamo gustare la vita siamo chiamati ad entrare nel dinamismo del dono. Ma come? Da che mondo è mondo la vita la si può gustare solo se la si preserva. Fatichiamo a comprendere che la vita si guadagna donandola, si ottiene spendendola, si conquista affidandola.
Quel giorno, alla vista della folla, Gesù aveva chiesto ai dodici di procurare il cibo per tutta quella gente ed essi non erano riusciti a mettere a disposizione che cinque pani e due pesci. Verranno giorni, però, in cui non basterà mettere a disposizione quello che abbiamo: sarà necessario affidare quello che siamo, dando noi stessi da mangiare.
Nutrirsi di Cristo pane di vita significa riconoscere che il mio pane, vale a dire l’intera mia esistenza, va offerta, consegnata. Eppure, quanti ambiti, nella nostra vita, sottratti alle esigenze evangeliche!
Diventare pane, ossia diventare skegno di una ospitalità familiare, di una presenza discreta, di un dono pronto per essere consumato.
Il pane va offerto. Offrire me stesso come pane significa adoperarsi perché a tutti sia data opportunità di cibo, di vestito, di casa. Che cos’altro vorrebbe esprimere il gesto del nutrirci di quello stesso pane che tra poco spezzeremo, se non che l’umanità tutta diventi un corpo solo, nutrita da un unico pane? Sarebbe un gesto vuoto se non traducesse questa intenzione recondita.
Il pane va offerto. Nel Cenacolo, dove incombe l’ombra del tradimento quel pane verrà offerto a colui che tradisce come a Pietro che rinnega. C’è in me la disponibilità ad offrire il pane del perdono e della riconciliazione, il pane di un’amicizia che non viene meno?
Il pane va condiviso. Condividere il pane non è solo spezzarlo ma è voglia di confronto, di dialogo, di costruzione di rapporti disinteressati. Non basta donare il pane: quante volte è espressione della prepotenza di chi dispone di più, di chi sta nella vita da soddisfatto.
Offrendosi come il pane per la vita del mondo, Gesù si consegna come un progetto e uno stile di vita in grado di alimentare e sanare ogni uomo.
Quando nell’ultima cena ripeterà agli apostoli: “Fate questo in memoria di me”, cosa chiederà se non portare avanti il suo stesso modo di esistere? Ecco perché nutrirci dell’Eucaristia non è un fatto privato o devozionale. È un evento che interpella la nostra responsabilità nel diventare noi stessi pane spezzato per la fame dei nostri fratelli.
Mangiare lui significa essere introdotti non nel dinamismo dell’innalzarsi, del dominare dall’alto, ma dello stare accanto per condividere.
Mangiare lui significa essere introdotti non nel dinamismo del risparmiarsi, del preservarsi o del tutelarsi, ma del servire e dello spendersi per gli altri.
Per essere liberati dal rischio di una vita morta anzitempo, non altra è la via. Beati, se sapremo rendere ragione così dell’Eucaristia di cui ci nutriamo.
(don Antonio Savone)

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Riflessione mariana

1 Maggio

Dare il permesso a Dio
Il cuore di ogni uomo è abitato da un vivo desiderio di amare e di essere amato. Ben a ragione San Giovanni Paolo II scriveva che “L’uomo non può vivere senza amore. Esso rimane per se stesso un essere incomprensibile, la sua vita è priva di senso se non gli viene rivelato l’amore, se non si incontra con l’amore, se non lo sperimenta e non lo fa proprio, se non vi partecipa vivamente” (Redemptor hominis, 10).
Tuttavia, per quanto l’uomo sperimenti questo desiderio, c’è sempre qualcosa che lo minaccia: la gioia cui tanto aneliamo è sempre un bene a rischio, come ci ricorda la pagina evangelica. Chi di noi non vuole essere felice, vivere sereno, in pace, contento della sua esistenza? Eppure, è come se cogliessimo continuamente un divario tra ciò che sogniamo e ciò che, di fatto, viviamo. È come se ci scoprissimo incapaci di grandi affidamenti e di vere fedeltà. Tutto sembra remarci contro e, perciò, eccoci di nuovo alla ricerca di qualcosa di diverso e di più grande, di più appagante, di definitivo, senza però riuscire nell’intento.
Ci si ritrova così nella stessa situazione di Cana: dispersi nella ferialità della vita, qualcosa di concreto sembra incrinarsi e qualcosa di promesso sembra venir meno. Si conosce l’amara esperienza del disagio: tutto ciò che si è costruito con pazienza sembra allentarsi e scomporsi, nulla sembra più credibile.
Le risorse su cui pure avevamo fatto affidamento (le scorte di vino, appunto, ossia le nostre capacità, le nostre risorse), sembrano diventate insufficienti.
Ci consola sapere che Maria, madre di Gesù, è sempre presente, attenta e discreta. La sua presenza non viene mai meno, nel sorriso come nel pianto. Prevede il disagio dei suoi figli e intercede perché il miracolo si compia. Maria, sa vedere ciò di cui abbiamo più bisogno: non è scontato avere occhi capaci di accorgersi di ciò che manca e di come fare a provvedere. Maria non si agita, non grida, non rimprovera, non si lamenta. Con decisione e umiltà, tutto rimette al giudizio del Figlio.
Noi iniziamo questo mese mariano, grati perché c’è qualcuno che ha la capacità di stare accanto al disagio non recriminando ma esercitando dedizione e cura. Maria non si rassegna a quella legge che sembra attraversare ogni esperienza umana, la legge della diminuzione, del venir meno. Maria presagisce che le cose possono conoscere una inversione di tendenza, come di fatto accadrà di lì a poco, quando l’acqua diventerà vino, addirittura. E questo attraverso quale percorso? Attraverso la capacità di mettere in atto il Vangelo: “Qualunque cosa vi dica, fatela!”. Non occorre altro. Prova a dare il permesso a Dio, ripete Maria. Non programmi, non strategie, non discussioni infinite. A far la differenza in ogni situazione è proprio la tua capacità di fidarti, anche se ti è chiesto qualcosa che non avevi messo in conto, come accadrà ai servi che si vedranno recapitare l’invito di riempire di acqua dei contenitori vuoti. È l’attenzione a Gesù e a ciò che egli ha ancora da dirci, la preparazione necessaria. Solo dall’obbedienza della fede nasce il miracolo della speranza e della gioia. Solo dall’obbedienza della fede l’impossibile diventa possibile.
E qui la domanda si fa personale: cosa ha da dirmi  il Signore? Forse ha una parola da dirmi circa il progetto di vita che vorrei intraprendere, forse una parola circa la mia fede debole, forse una parola sulla crisi coniugale che sto vivendo, forse una parola sul lavoro perso, forse una parola su un risentimento da sciogliere, forse una parola su una nuova vita in arrivo, forse una parola sugli anziani da custodire o sui figli da educare. Sicuramente si tratterà di una parola diversa per ciascuno. Come Maria, siamo invitati a restare legati al Signore soprattutto quando il buio dell’evidenza umana farà capolino sui nostri passi e saremo sollecitati ad andare oltre le ragioni della ragione.
Maria ci ricorda che ancor prima della nostra fedeltà, a Dio sta a cuore la nostra felicità.
“Vi erano là sei giare di pietra per la purificazione dei Giudei”. 
Quelle giare di pietra ricordano come la sola osservanza della legge non basta. Fermarsi a “quello che spetta a me”, non produce alcun miracolo. Non si ha pienezza di vita senza un uscire dalla logica ferrea dell’”a tanto, tanto”. Senza eccedenza non c’è vita. Quelle giare ricordano che fermarsi al criterio dell’”adesso basta”, non produce alcuna novità e nessuno sbocco. Occorre una nuova unità di misura introdotta soltanto dalla presenza del Signore Gesù: proprio il suo esserci, ci fa comprendere che la pienezza di vita che desideriamo non è frutto di un entusiasmo passeggero, ma matura attraverso un serio cammino in cui si mette in conto il nostro “esserci”.
Proprio la presenza del Signore attesta che è sempre possibile amare, oltre ogni prova, oltre ogni dolore, oltre ogni inadeguatezza. Viene per tutti l’ora del dono supremo. È importante accorgersi, riconoscere e accogliere i segni attraverso i quali Dio ci indica quali passaggi assumere, quali strade intraprendere.
(don Antonio Savone)

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Preghiera a Maria
Ave Maria, Vergine madre,   prega per noi.
Vergine fedele, prega per noi
Vergine intrepida, prega per noi
Vergine sapiente, prega per noi
Vergine prudente, prega per noi
Vergine orante, prega per noi
Ave Maria, Madre di Dio, prega per noi
Madre di Cristo, prega per noi
Madre del Salvatore, prega per noi
Madre dell’Uomo nuovo, prega per noi
Madre della grazia, Madre di misericordia prega per noi
Ave Maria, sede della sapienza, prega per noi
Dimora dello Spirito, prega per noi
Tempio di santità, prega per noi
Arca dell’alleanza, prega per noi
Scala del ciclo, prega per noi
Porta del paradiso, prega per noi
 
Madre della Bellezza, Regina del nostro popolo,
non c’è su tutta la terra una creatura simile a te,
per la bellezza del tuo volto e la saggezza delle tue parole.
Tu sei la vera opera d’arte che Dio ha potuto realizzare mediante il tuo sì ubbidiente.
Tu sei l’icona della Bellezza che è splendore della Bontà e della Verità.
Consola la debolezza degli anziani e degli infermi,
accompagna la fatica di chi è provato da questa grave emergenza sanitaria,
custodisci l’innocenza dei nostri ragazzi,
rendi tenace la speranza dei giovani,
tieni sempre acceso l’amore nelle nostre famiglie,
asciuga le lacrime delle coppie ferite,
illumina i passi dei genitori smarriti.
Purifica gli occhi dei Pastori con il collirio della memoria
che può rinverdire il sì degli inizi
e suscita la disponibilità di tanti giovani che, sul tuo esempio,
spendano la loro vita a servizio dei fratelli.
Rendi i responsabili della cosa pubblica capaci di operare con bontà e dedizione.
Insegnaci a custodire l’umiltà del cuore
perché siamo in grado di pronunciare parole vere.
Intercedi presso tuo Figlio
perché siano agili le nostre mani, affrettati i nostri passi e saldi i nostri cuori.
Amen.

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Regina Coeli
Regina dei cieli, rallegrati, alleluia.
Cristo, che hai portato nel grembo, alleluia,
è risorto, come aveva promesso, alleluia.
Prega il Signore per noi, alleluia.
Il Signore ci benedica, ci preservi da ogni male e ci conduca alla vita eterna.
Amen.