Dava sicurezza, non c’è che dire, la maestosità del tempio di Gerusalemme. Esso era il segno evidente di un momento storico che, non fosse altro che per quella costruzione, aveva lasciato una traccia che tutti potevano riconoscere e ammirare. Non avvertiamo, forse, il bisogno di lasciare orme del nostro passaggio in un luogo o in una attività con qualcosa di tangibile che ricordi ai posteri la nostra vicenda? Chi di noi non vorrebbe essere ricordato da qualcuno? Chi di noi sceglie deliberatamente che il suo passaggio sulla terra sia il più inosservato possibile? L’oblio è sinonimo di non esistenza e se non è una discendenza a ricordarci, che almeno lo siano le cose, un’opera, una lapide, qualcosa insomma. Erode ne aveva fatto una questione di prestigio nel rendere più bello quel luogo di culto. Come mettere in discussione tanta solidità? Pareva dovesse sfidare il tempo e qualsiasi attacco. E invece…
Anche ciò che sembra portare i caratteri del duraturo, dell’eterno patisce l’esito della deflagrazione. Crollano le strutture, si spezzano i legami, si sgretolano i propositi, vengono meno gli impegni: per quanto ci si dia da fare, niente è garantito circa il suo permanere nel tempo.
Non resterà pietra su pietra.
Accadde al tempio preso d’assedio dalle truppe romane, accade a ogni realtà: ogni cosa evidenzia prima o poi la sua finitudine. E questo è nulla, sembra dire Gesù. Come dargli torto? La cronaca recente ci ha messo di fronte la triste realtà di una terra meravigliosa che, tuttavia, nulla può a fronte dei movimenti tellurici che continuano a interessarla. Per non parlare di ciò che accade a tanti nostri fratelli e sorelle che per la fede in Gesù vedono complicarsi l’intera loro esistenza quando addirittura non rischiano di perderla. Possibile che aver abbracciato la fede debba far sì che tutto vada per traverso?
Fosse possibile sembrerebbe che l’unica via di scampo sia la costruzione di un bunker ultrasicuro. Come si può essere al sicuro, altrimenti, negli affetti e nelle costruzioni? Come si può non essere terrorizzati?
E, invece, al dire di Gesù è possibile superare la naturale e comprensibile paura grazie alla certezza che “nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto”. C’è un Dio a cui sta a cuore non solo la nostra esistenza ma anche quegli aspetti che è normale perdere proprio come i capelli.
Affermare che non resterà pietra su pietra è un invito a non identificarci con l’opera delle nostre mani: nessuno equivale ai risultati raggiunti o agli obiettivi perseguiti o alle costruzioni realizzate. “L’uomo vale quanto vale davanti a Dio, nulla di più”, ci ripeterebbe Francesco d’Assisi.
Non resta l’opera delle nostre mani: “la carità non avrà mai fine”; resta soltanto l’amore che ha mosso i nostri passi, guidato le nostre intenzioni, animato i nostri gesti. Questo, sì, resta ed è per questo che bisogna operare.
O le belle pietre e i doni votivi diventano segno della carità che muove il nostro costruire la comunità, o sono soltanto strumenti per autoaffermarsi e perciò stesso destinati a passare.
“Molti verranno nel mio nome dicendo “Sono io”: non accade, forse, che negli ambiti più svariati, dagli affetti alla vita sociale, qualcuno si proponga a noi come l’unica soluzione possibile? Ma a che prezzo? “Non seguiteli”: l’unica sequela è mettere i propri passi dietro quelli di Gesù Cristo.
“Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno”: non è ciò che più temiamo in questo particolare frangente storico?
“Vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze”: sembra quasi che l’evangelista Luca sia reduce dal centro Italia.
“Vi saranno segni grandiosi dal cielo”: quanti scombussolamenti atmosferici!
“Metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno”: come fanno con i cristiani di Mosul e in tante altre parti.
“Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi”: anche se non in nome della fede, non è forse vero che il numero maggiore dei delitti si conta in ambito familiare?
Il brano di Lc sembra la cronaca riportata da uno dei nostri tg. Questo è il segno che l’accadere di queste cose non è la caratteristica che siamo nel “giorno ultimo”. Chissà quante volte queste cose sono accadute da allora e chissà quante altre volte accadranno.
“Non lasciatevi ingannare… Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime”. Quello che accade ogni giorno non è il conto finale della vita: a mettere in salvo la nostra anima non è alcun messia di turno né chissà quale segno dal cielo. A salvare la nostra vita sarà solo la nostra perseveranza: attraversare la storia fidandosi della fedeltà della promessa di Dio che si esprime mediante la nostra capacità di restare fedeli al nostro quotidiano.
La perseveranza, la pazienza, sono lo stare di fronte all’incompiuto senza abdicare alla propria disponibilità a mettersi in gioco anche a costo di dare la vita proprio come il Signore Gesù.