fico.jpgUn tale aveva piantato un fico…

No, non è una favola. È il vangelo, il quale, per far breccia nei nostri cuori, attinge al linguaggio più tipico dei propri interlocutori e prova a rendere consapevoli della posta in gioco.

Un fico improduttivo, un padrone che viene a raccogliere il frutto sperato e un vignaiolo che continua a intercedere perché sia concessa una ulteriore possibilità. Ecco i protagonisti del racconto.

Dio pianta, getta semi, offre opportunità, crea occasioni, genera vita. Attraverso i suoi servi, i profeti, Dio viene a chiedere al suo popolo, all’uomo che sono io quali frutti sono stato capace di portare. Non si tratta della semplice resa dei conti. Il chiedere è sempre occasione per tenere vivo il legame e per rinnovare la fiducia. Sin dall’inizio, ancora quando tutto profumava di primizie nel giardino di Eden, la domanda di Dio ad Adamo (Dove sei?) era proprio il segno di una rinnovata possibilità. Forse che Dio non sapesse dove Adamo si era cacciato?

E, tuttavia, sembra proprio che in questo mestiere, Dio non ci sappia fare. Pur avendo investito tanto, si ritrova con nulla in mano: fiducia tradita, energie sprecate, tempo perso. A cosa è servita tutta la sua premura se poi all’occasione questa non ha sortito alcun risultato? E perché mai la sua pazienza non riesce a far sì che l’uomo che sono io cresca secondo il progetto in base al quale sono stato pensato? Che cosa è mancato? Cosa avrebbe dovuto fare e non è stato fatto?

Sembrano le domande di tanti genitori di fronte alla brutta piega presa da un figlio a cui pure sono state offerte le migliori possibilità: disponibilità economica, opportunità di studi, viaggi, frequentazioni arricchenti. E, invece, nulla.

Tre anni…

Ci ha provato per tanto tempo: tre anni. È il tempo in cui attraverso la vicenda umana del Figlio, Dio si è preso cura di quella pianta di fico che è l’umanità e che è la mia storia. Per tre anni Gesù ha mostrato quanto l’umanità sia preziosa agli occhi Dio. Per tre anni l’uomo avrebbe dovuto accorgersi di che cosa stava accadendo nelle pieghe della storia mediante il dono del Figlio e, invece, non ha saputo riconoscere le occasioni offerte. Il tempo, quindi, sembrerebbe compiuto: non resterebbe che arrivare alla conclusione secondo giustizia ossia, che il fico venga tagliato, dal momento che continua a suggere linfa riempiendosi solo di foglie.

Ed è qui che emerge la sorpresa della misericordia. Quando i giochi sembrerebbero fatti, il vignaiolo, Gesù, pronuncia il verbo tipico della misericordia: “lascialo!”. E Dio non cessa di rinnovarci il contratto pur non avendo più le carte in regola! Ecco il Vangelo: ogni volta che Dio torna a chiedere i frutti sperati, il Figlio, nostro avvocato presso il Padre, intercede che ci sia concessa una ulteriore dilazione. Quando non saremmo altro che piante da estirpare e legna da ardere, Dio intravede ancora frutti possibili. Poco importa se sarà un anno, un giorno o un minuto: è sempre qualcosa che non avevamo messo in conto. E, a volte, come insegnerà la vicenda del ladrone pentito, basterà anche solo un attimo per riscattare un’intera esistenza infruttuosa. Ecco la misericordia: Dio non cessa di offrire una chance a chi le ha sprecate tutte!

Ancora un anno. Per fare cosa?

Ancora un anno per non essere schiacciato dall’abitudine.

Ancora un anno per non ripetere gli stessi percorsi senza sbocco.

Ancora un anno per intravedere nuovi cammini.

Ancora un anno per non essere schiavo dell’incertezza e dell’indecisione.

Ancora un anno per non accontentarti di letture anguste,

Ancora un anno per non accodarti al numero di chi non sa fare altro che lamentarsi.

Ancora un anno per provare ad aprire la mente e ad allargare il cuore.

Ancora un anno per non far sì che ci spenga a piccole dosi.

Ancora un anno per comprendere che non basta respirare per dire di essere vivi.

Ancora un anno per lasciarsi amare e imparare ad amare