Siamo un po’ tutti come l’uomo di cui ci narra il vangelo. Quasi affrettando il passo come quel tale, ci accostiamo a Gesù per consegnargli la domanda di fondo che cova nelle pieghe del suo quotidiano: che cosa devo fare per avere la vita eterna? A noi – come già all’uomo del vangelo – non …
Siamo un po’ tutti come l’uomo di cui ci narra il vangelo. Quasi affrettando il passo come quel tale, ci accostiamo a Gesù per consegnargli la domanda di fondo che cova nelle pieghe del suo quotidiano: che cosa devo fare per avere la vita eterna?
A noi – come già all’uomo del vangelo – non basta fermarci all’osservanza dei comandamenti. Si tratta di un patrimonio già acquisito e consolidato. Vorremmo andare oltre i confini dettati da una legge, desideriamo altro.
E qui – come quel giorno per l’uomo del vangelo – comincia la sorpresa. La vita cristiana non è questione di cose da fare, di traguardi da conquistare, di mete da raggiungere. La vita cristiana è anzitutto lasciarsi fissare negli occhi dallo sguardo carico di amore del Signore Gesù. La vita cristiana è una questione di sguardi. Prima di dedicare tempo ed energie ad attività specifiche è necessario accogliere il credito di uno sguardo profondo mai giudicante ma sempre promuovente, credito accordato da Gesù in anticipo, sguardo che non verrà meno neanche quando il giovane deciderà di andarsene via. È un cuore, un’esistenza che si apre al credito accordato da Dio, il terreno fecondo per assumere un impegno nella comunità cristiana.
Gesù fissatolo lo amò. È la luce e il calore che promanano da quello sguardo che possono permettere di vivere affidati e perciò espropriati. Gesù scorge in noi una prima disponibilità e perciò vorrebbe introdurci in una diversa prospettiva: passare da ciò che dobbiamo fare per Dio a riconoscere ciò che Dio sta già facendo per noi. Questo è ciò che mancava a quel tale.
Una cosa sola ti manca… prolungare nella vita degli ultimi, quello sguardo d’amore ricevuto. Diventare comunità che fa suo lo sguardo di un Dio che riscatta gli ultimi, i marginali, i dimenticati e che capovolge l’ordine dato.
Corriamo spesso il rischio di essere soltanto narratori compiaciuti dell’emozione di un momento.
Dall’appartenenza alla responsabilità: ecco ciò che è chiesto oggi a ciascuno di noi. Spazio al gratuito, altrimenti si finisce per trascorrere la vita in modo onesto ma triste, osservante e cupo.
Le persone prima delle cose, fossero anche cose religiose. Ciò che tu hai e ciò che tu sei ha un senso: diventare sacramento di incontro e di condivisione con l’altro, moltiplicando la vita. Imparare a fare comunione, spezzando e condividendo il pane della nostra esistenza. Finché si resta in quella strada senza uscita che è la cura dell’io e del mio, non si potrà sperimentare altro se non il tarlo dell’insoddisfazione. L’insoddisfazione che a tratti ci attraversa non nasce tanto dagli errori commessi quanto piuttosto dal non aver avuto il coraggio di osare.
L’uomo del vangelo che pure non era soddisfatto dell’osservanza dell’antica legge, misurato con le esigenze dell’oltre la legge proposto da Gesù, si spaventa e retrocede. Ripercorre a ritroso tristemente il cammino che prima aveva compiuto in modo entusiasta: avrebbe preferito che il Signore gli proponesse cose da fare e invece gli aveva proposto persone con cui condividere.
Da allora non altra è la proposta del Signore: sentiti responsabile della felicità degli altri e Dio si farà garante della tua, per sempre.
Vieni e seguimi. Lasciati guardare da Dio con sguardo di predilezione per essere il prolungamento di quello sguardo verso ogni uomo, soprattutto per gli ultimi e i poveri. Questo sarà garanzia che stiamo seguendo Lui, il Signore Gesù.
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Dal Vangelo secondo Marco 10,17-27
In quel tempo, mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre”».
Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni.
Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!». I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: «Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?». Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio».