SUSSIDIO PER LA PREGHIERA PERSONALE O FAMILIARE IN QUESTO TEMPO DI PROVA
11 maggio 2020
(A cura di don Antonio Savone, Direttore Segreteria Pastorale Arcidiocesi di Potenza-Muro L.-Marsico N.)
Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Chi ci separerà dunque dall'amore di Cristo? Forse la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? In tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati (Rm 8.31.35.37).
Introduzione
Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.
Il Signore è veramente risorto, alleluia.
Ed è apparso ai discepoli, alleluia.
Preghiamo
O Padre, che unisci in un solo volere le menti dei fedeli,
concedi al tuo popolo di amare ciò che comandi
e desiderare ciò che prometti, perché fra le vicende
del mondo là siano fissi i nostri cuori dove è la vera gioia.
Per Cristo nostro Signore. Amen.
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Sal 113
Non a noi, Signore, non a noi,
ma al tuo nome dà gloria,
per il tuo amore, per la tua fedeltà.
Perché le genti dovrebbero dire:
«Dov’è il loro Dio?».
Il nostro Dio è nei cieli:
tutto ciò che vuole, egli lo compie.
I loro idoli sono argento e oro,
opera delle mani dell’uomo.
Siate benedetti dal Signore,
che ha fatto cielo e terra.
I cieli sono i cieli del Signore,
ma la terra l’ha data ai figli dell’uomo.
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Dal Vangelo secondo Giovanni (14,21-26)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui».
Gli disse Giuda, non l’Iscariòta: «Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi, e non al mondo?».
Gli rispose Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.
Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui v’insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto».
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Accogliere, voce del verbo amare
Nel contesto dell’ultima cena era accaduto ai discepoli – paradossale ma vero – che Cristo, quel Cristo, non bastasse. A Giuda, non l’Iscariota, che aveva chiesto perché mai non si rivelasse al mondo con potenza, con qualcosa, cioè, che finalmente costringesse gli avversari a piegare la testa, Gesù aveva risposto facendo leva su tutt’altri ingredienti.
Se uno mi ama… ecco ciò che fa la differenza: l’amore. Ma quale tipo di amore? Quell’amore che è in grado di vivere l’ora del dolore come l’ora in cui non ci si ritrae; quell’amore che continua a parlare e porre gesti di pace proprio mentre sta per scatenarsi una reazione di morte proprio contro di lui. Quell’amore che non pretende di imporre percorsi anche in nome di un bene da perseguire. Quando qualcuno si apre a questa esperienza, la Trinità stessa si stabilisce nel suo cuore. Lì Dio trova casa: sì, perché anche Dio cerca casa… Dio rimane là dove il vangelo, lo stile del Signore Gesù, è di casa, è moneta commerciale. Dio non trova casa là dove si usa altra moneta corrente. Non importa che si celebrino sacramenti o si faccia chissà cosa: lì Dio è estromesso.
Dio non forza, Dio non impone, non fa violenza: Dio ama. E proprio dell’amore è lasciare che l’altro sia.
Se uno mi ama, osserverà la mia parola, e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. E queste parole non sono da riferire a chissà quale esperienza mistica. Gesù lega questa esperienza all’amore: se uno ama veramente, accade proprio questo. Accade anche nei nostri rapporti umani: se uno ama, è come se l’altro dimorasse stabilmente dentro di lui. E se l’altro non dimora dentro di te, se non lo pensi, se non lo ascolti anzitutto dentro di te, se non gli parli dentro di te, se la tua dimora interiore è vuota, anche l’amore diventa parola vuota.
Senza questi riti del cuore, senza liturgie nel cuore, tutti i nostri riti e tutte le nostre liturgie ecclesiastiche, anche quelle meglio riuscite dal punto di vista della forma, diventano maschere del nulla. Direbbe Montale che noi finiamo per riempire il vuoto con l’inutile.
Chiamati anzitutto a inventare e custodire i riti del cuore.
E nella dimora del cuore è promessa una presenza, la presenza dello Spirito. Ma chi di noi è stato educato all’ascolto di questo magistero dello Spirito?
Gli uomini docili al magistero dello Spirito sono gli uomini che continuamente esprimono accoglienza: la loro porta è spalancata, i loro occhi sono abitati da visioni e i loro cuori accesi da progetti di universalità.
(don Antonio Savone)
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Riflessione mariana
11 Maggio
Alla scuola dell’oltre
Alla scuola della famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe: Una scuola a tutta prima non comune. E non già per la singolarità degli elementi che la compongono quanto per quello di cui questo nucleo familiare è costituito segno.
Chi volesse guardare alla famiglia di Nazaret come a una sorta di ultima spiaggia per far fronte alla crisi che attraversa le nostre famiglie si troverebbe non poco spiazzato. Non si presta a visioni oleografiche la famiglia di Nazaret: perciò guai ad accostare il messaggio biblico secondo una interpretazione del tutto funzionale ad una simile visione. Quello che la Parola ci dice di questa famiglia coincide poco con quel quadretto di intimità che ci viene in mente quando pensiamo ad una famiglia unità. È sempre così: la Parola di Dio “non è una parola assertiva ma rivelativa, non definisce ma illumina”.
Continuamente attraversata da una spada questa famiglia. Quel Figlio è stato segno di contraddizione anzitutto per Maria e Giuseppe. Ancor prima di venire al mondo. Si sono trovati continuamente sollecitati ad un superamento, anzitutto quello di un loro progetto personale che probabilmente non aveva chissà quali pretese ma nondimeno era il loro.
Contraddizione e superamento già accettare che Dio volesse entrare nella storia – passi pure – e volesse farlo tramite loro. Com’è possibile?
Sin dall’inizio quel figlio sfugge alla loro presa come sfugge alla presa dell’uno (Giuseppe) ciò che Dio va scrivendo nella storia dell’altra (Maria). Ciascuno chiamato a superarsi per aprirsi a quello che il mistero dell’altro sollecitava.
Segno di contraddizione, motivo di superamento. Frutto di una impossibilità quel Figlio, nasce addirittura fuori, fa scatenare l’ira di un potente di turno lui ancora infante al punto che i suoi sono costretti a trovare delle vie di fuga, a vivere in clandestinità e, paradossalmente, a ritrovarsi in quell’Egitto che per generazioni e generazioni era stato luogo di schiavitù. E tutta la nostra oleografia sulla famiglia di Nazaret dov’è finita? Trovare salvezza in ciò da cui il loro popolo era stato liberato.
Come se non bastasse, compiuti i quaranta giorni lo portano al tempio e si sentono ripetere parole che avranno bisogno di anni per essere comprese appieno: segno di contraddizione, rovina e risurrezione, spada che trapassa l’anima. Ma che cos’è mai questo bambino? Sembra quasi una bomba a orologeria più che il bambino delle nostre immagini natalizie.
Contraddizione e superamento accettare che quel Gesù crescesse e si fortificasse. Un Dio che cresce: crescere vuol dire muoversi, incamminarsi verso una certa direzione e la direzione è Dio e gli uomini. Dunque non un mondo chiuso, cristallizzato. Guai a non accettare la sfida della crescita e perciò della consapevolezza che la vita ti sfugge, è oltre quello che di essa sei riuscito a comprendere.
A 12 anni, di nuovo, non appena l’uomo Gesù presentato al tempio decide di prendere in mano il suo destino e andare per la sua strada (essere nelle cose del Padre suo), la famiglia di Nazaret subisce un duro attacco. Ed è di nuovo contraddizione e superamento: Maria e Giuseppe devono capire che egli è svincolato dalla famiglia, i suoi orizzonti non coincidono con quelli ristretti della sua famiglia ma sono quelli di una umanità intera, gli orizzonti del regno mai circoscrivibili soltanto a una famiglia o a una patria. Si meraviglierà, quel figlio Gesù, che i suoi non sapessero che doveva diventare indipendente da loro nelle sue scelte.
Da adulto, quando gli verrà detto: Ecco tua madre e i tuoi fratelli ti cercano, userà parole di fronte alle quali qualsiasi madre impallidirebbe: chi è mia madre e chi sono i miei fratelli? E indicherà in chi ascolta e compie la sua parola sua madre e i suoi fratelli. Come se non bastasse, avvertirà addirittura che per venire a lui bisognerà odiare il padre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita (Lc 14,25-26). Nulla di nuovo d’altronde: era già stato affermato in Genesi che l’uomo lascerà suo padre e sua madre.
La novità evangelica postula il superamento della famiglia. Non è il mio estro ad attestarlo né il voler fare il bastian contrario ma lo stesso Gesù: strumento prezioso per accogliere, custodire e accompagnare il dono della vita, “momento santo del nostro divenire” (Balducci) la famiglia è chiamata a ospitare l’oltre, sulla scia di Abramo che dovrà addirittura ospitare l’impossibile: guarda in cielo e conta le stelle. Guarda oltre.
(don Antonio Savone)
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Preghiera a Maria
Madre della Bellezza, Regina del nostro popolo,
non c’è su tutta la terra una creatura simile a te,
per la bellezza del tuo volto e la saggezza delle tue parole.
Tu sei la vera opera d’arte che Dio ha potuto realizzare mediante il tuo sì ubbidiente.
Tu sei l’icona della Bellezza che è splendore della Bontà e della Verità.
Consola la debolezza degli anziani e degli infermi,
accompagna la fatica di chi è provato da questa grave emergenza sanitaria,
custodisci l’innocenza dei nostri ragazzi,
rendi tenace la speranza dei giovani,
tieni sempre acceso l’amore nelle nostre famiglie,
asciuga le lacrime delle coppie ferite,
illumina i passi dei genitori smarriti.
Purifica gli occhi dei Pastori con il collirio della memoria
che può rinverdire il sì degli inizi
e suscita la disponibilità di tanti giovani che, sul tuo esempio,
spendano la loro vita a servizio dei fratelli.
Rendi i responsabili della cosa pubblica capaci di operare con bontà e dedizione.
Insegnaci a custodire l’umiltà del cuore
perché siamo in grado di pronunciare parole vere.
Intercedi presso tuo Figlio
perché siano agili le nostre mani, affrettati i nostri passi e saldi i nostri cuori.
Amen.
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Regina Coeli
Regina dei cieli, rallegrati, alleluia.
Cristo, che hai portato nel grembo, alleluia,
è risorto, come aveva promesso, alleluia.
Prega il Signore per noi, alleluia.
Il Signore ci benedica, ci preservi da ogni male e ci conduca alla vita eterna.
Amen.