Ringrazio don Mimmo per avermi invitato a dare inizio a   questo triduo in preparazione alla festa di S. Michele.

È una verità di fede l’esistenza di esseri spirituali che, in virtù della loro funzione, sono chiamati Angeli, creature, cioè, che all’occorrenza, la Provvidenza di Dio invia per essere guide di comunità o di singole persone.

Gli Arcangeli sono anzitutto dei collaboratori di Dio: il loro compito è quello di trasmettere integralmente la Parola di Dio e di custodirla nel cuore dei destinatari.

Stasera vorrei soffermarmi su Gabriele, nome che significa “forza di Dio”. Nel definire se stesso dice di essere uno che “sta alla presenza di Dio”. Il suo essere è tutto orientato al Signore. Non è un caso che tutti e tre gli Arcangeli finiscano con “El”, che significa “Dio”. Dio è inscritto persino nei loro nomi, nella loro stessa natura: vivono grazie a lui e in vista di lui. Chi porta Dio nel suo nome (il nome nella Scrittura rivela l’identità, esprime la persona), non può non portarlo nella vita degli uomini: portano Dio agli uomini e gli uomini a Dio.

Troviamo Gabriele nel vangelo in due momenti chiave: nell’annunciazione a Zaccaria e in quella a Maria. La presenza e il ruolo esercitato da Gabriele attesta una certezza tutta da custodire: Dio non si rassegna alla piega che la storia può prendere. Per questo, non lo abbandona al suo destino e, perciò, a tempo debito, interviene con il suo sostegno e la sua forza.

Tutti di noi facciamo non poca fatica a discernere il vero e il bene come splende agli occhi di Dio. Non poche volte prevale il nostro sentimento, il nostro stato d’animo così mutevole. Pensiamo solo all’incredulità di Zaccaria il quale, di fronte all’intervento di Dio, oppone le sue ragioni, tutte molto naturali, e ciò persino in un momento in cui stava a diretto contatto con il Signore. Aveva fatto sì che a determinare pensieri e atteggiamenti, orientamenti e scelte, fosse il suo angusto modo di vedere. Questi sono i frangenti in cui, per operare il discernimento, abbiamo bisogno della forza di Dio, di quell’aiuto che, venendo dall’alto, illumina. L’aiuto, però, lo riceve e lo accoglie chi è umile di cuore, ossia chi ha il giusto sentire di sé.

L’arcangelo Gabriele viene inviato al nostro cuore ogni volta che Dio pronuncia la sua Parola e attende il nostro sì perché la Parola si compia come quel giorno a Nazaret, con diponibilità e senza resistenze. Il Signore bussa ripetutamente al cuore dell’uomo: “Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me” (Ap 3, 20). Gabriele è proprio l’Arcangelo che annuncia Dio alla porta dell’uomo. Perché bussa? Perché Dio non vìola mai la tua libertà, per questo chiede il tuo assenso così da permettere la nuova nascita di Dio nella tua stessa vita. Paolo, nella lettera agi Efesini dice che ogni cosa deve essere ricapitolata in Cristo, deve trovare il suo senso attorno a lui. E come potrà accadere una simile opera se Cristo non è di nuovo generato nei nostri cuori? I cristiani amavano ripetere: “caro salutis cardo”. Dio ha bisogno di uomini e donne che gli mettano a disposizione la propria carne come strumento di riconciliazione tra Lui e gli uomini. La nostra unione con Cristo trova la sua manifestazione nel nostro bussare in nome di Cristo agli uomini. Comprendiamo perché un giorno Paolo scriverà: “Guai a me se non annunciassi il vangelo”. Puoi, forse, tenere per te ciò che ti è stato partecipato? C’è una vera e propria urgenza, la stessa che troviamo nel passo spedito e deciso di Maria che, dopo l’annuncio ricevuto da Gabriele, non arresta la corsa ma si fa tramite della visita di Dio ad Elisabetta.

Il compito di Gabriele è un compito che è affidato alla Chiesa tutta, a ciascuno di noi. Ciascuno è inviato a recare lieti annunzi, a far sì che tanti riprendano a credere e a sperare.

Compito di Gabriele, come quello di tutti gli angeli, del resto, è quello di farci conoscere la realtà così come essa è: rinverdire la nostra memoria perché ci riappropriamo del progetto degli inizi. In quell’opera di recupero della somiglianza perduta a causa del nostro peccato, non siamo soli. Essi, infatti, ci illuminano, ci suscitano intuizioni, ravvivano i doni dello Spirito. Ci aiutano a vedere ogni cosa con gli occhi di Dio.

Gli Arcangeli e gli angeli, sazi soltanto della contemplazione di Dio, ci aiutano a rifuggire la superbia della vita, ossia il ritenere di poter fare a meno di Dio e della sua grazia, in virtù di un preteso affrancamento da lui.