La risposta a un appello, così immagino il nostro essere convenuti qui in Cattedrale per venerare la Sacra Effigie della Madonna del Monte Carmine, la Madonna di Avigliano. Maria ci ha convocati con l’attrattiva della sua maternità che non mette mai al centro se stessa ma genera i suoi figli alla fede facendoci dono del …
La risposta a un appello, così immagino il nostro essere convenuti qui in Cattedrale per venerare la Sacra Effigie della Madonna del Monte Carmine, la Madonna di Avigliano. Maria ci ha convocati con l’attrattiva della sua maternità che non mette mai al centro se stessa ma genera i suoi figli alla fede facendoci dono del Figlio Gesù.
Perché una peregrinatio? Solitamente siamo noi a raggiungere pellegrini le case di Maria disseminate in ogni dove anche in questa nostra terra lucana. Stavolta, invece, è lei a venire a casa nostra per offrirci un’occasione di grazia, un’opportunità rinnovata. Desiderio di Maria, infatti, è che tutti i suoi figli possano “avere la vita e averla in abbondanza” (cfr. Gv 10,10) e, perciò, come un giorno raggiunse in fretta una città di Giuda, così, oggi, raggiunge tutti quanti noi per metterci a parte di ciò che Dio intende compiere anche in noi e attraverso di noi.
Un vescovo vissuto nel IV sec., Epifanio di Salamina, usa un’immagine bellissima per parlare di Maria e di ciò che Lei ha significato per il Figlio stesso di Dio. Epifanio dice che assumendo la condizione umana, il Figlio di Dio è andato a bottega – proprio come accadeva un tempo nei nostri paesi – “nell’officina di Maria”. Lì, a quella scuola, l’umanità del Figlio di Dio si è lasciata plasmare ogni giorno di più dall’azione dello Spirito Santo. E non è quello di cui necessita la nostra umanità, in questo tempo di policrisi, riappropriarci del progetto di Dio su ciascuno di noi, sul mondo, sulla storia? Non basta rispondere all’appello di “restare umani”, come da più parti si invoca, non è sufficiente: è sotto gli occhi di tutti ciò di cui l’uomo è capace. Noi siamo chiamati a “diventare umani”, diventare, cioè, quell’uomo e quella donna così come Dio da sempre ci ha voluti, “l’uomo nuovo creato secondo Dio nella giustizia e nella santità vera” (Ef 4,24).
Eccoci, perciò, anche noi a bottega nell’officina di Maria per apprendere il suo modo di guardare le cose.
“A che devo che la Madre del mio Signore venga da me?”.
È la domanda che suggerisco a me e a voi perché questa peregrinatio non passi invano. Ciascuno se la ponga nel profondo del suo cuore. “A che devo? Per quale motivo?”.
Come quel giorno l’arcangelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, così oggi, è Maria ad essere mandata da Dio.
Sant’Ambrogio afferma che “ogni anima che crede concepisce e genera il Verbo di Dio e riconosce le sue opere… Se c’è una sola madre di Cristo secondo la carne, secondo la fede, invece, Cristo è il frutto di tutti” (Commento su san Luca 2, 19. 22-23. 26-27; CCL 14, 39-42). Ecco il motivo di questa visita: che tutti possiamo di nuovo generare Cristo in virtù della nostra fede. E per questo è Maria a ripetere a noi le parole che in modo unico e singolare furono rivolte a lei.
- Rallegrati! Ecco la prima parola.
Dio ti vuole felice, esulta di gioia! La gioia che tu cerchi, la pienezza di vita che tanto desideri non la troverai da nessuna parte se non in Dio. Non può dartela un’agenda ricca di impegni, non può dartela l’avidità, non può assicurartela la frenesia, neppure la tua intraprendenza.
“È Gesù che cercate quando sognate la felicità – ripetè S. Giovanni Paolo II ai giovani radunati a Tor Vergata nel 2000 – è Lui che vi aspetta quando niente vi soddisfa di quello che trovate; è Lui la bellezza che tanto vi attrae; è Lui che vi provoca con quella sete di radicalità che non vi permette di adattarvi al compromesso; è Lui che vi spinge a deporre le maschere che rendono falsa la vita; è Lui che vi legge nel cuore le decisioni più vere che altri vorrebbero soffocare”.
- Pieno di grazia! Ecco la seconda parola.
Prima ancora che i nostri genitori pensassero al nome da darci, Dio già lo aveva pronunciato: “Tu sei il figlio amato”. Dio ha tatuato il mio nome sul palmo della sua mano (Is 49,16): “caro a Dio, tutto mio dono”. Non disprezzarti, non svalutarti: per te la grazia è abbondante. Non sei al mondo per caso e per niente. Dio ha volto il suo sguardo su di te: “Tu sei prezioso ai miei occhi!” (Is 43,4), continua a ripeterti il Signore per mezzo di Maria.
Voluti da sempre, noi siamo destinati alla vita piena con Dio. Per questo non possiamo disperderci nella banalità delle nostre giornate finendo per rincorrere solo ciò che è prevedibile e programmabile. Siamo chiamati a incamminarci verso ciò che rimane.
Forse, però, anche noi restiamo turbati proprio come accadde a lei al sentire le parole dell’angelo. Davvero io, tu, ciascuno di noi è il termine di un bene di cui Dio stesso mi ricolma, il termine di un dono tanto speciale?
La chiamata a collaborare con Dio è sempre motivo di stupore: affascinante come prospettiva ma troppo alta per le nostre capacità. Vivere all’altezza del dono di Dio? Come è possibile? Come potrebbe mai accadere a me che conosco di cosa sono impastato? Il turbamento è spontaneo.
Forse è il dramma che ogni volta conosce in noi l’annuncio della parola: non ne sono degno, non ne sono capace!
- Non temere! Ripete a noi Maria. Ecco la terza parola.
Per questo al nostro turbamento viene assicurato l’accompagnamento: il Signore è con te.
Non siamo eroi solitari a cui è affidata una missione oltre le nostre forze: ci è chiesta soltanto la docilità allo Spirito di Dio che ci rende idonei a compiere ciò che Dio desidera. Te la senti di dare un corpo di carne all’amore con cui Dio continua a guardare questa umanità?
Se dovessimo contare sulle nostre risorse, non muoveremmo un passo sul sentiero della fede. Ma poichè ci è stata usata grazia immeritatamente, noi osiamo affidarci a Colui che porta a compimento ciò che noi gli consentiamo di operare.
Se queste sono le parole che oggi rivolge a noi Maria, quale sarà la nostra risposta?
Voglia il Signore che sia la sua stessa parola all’annuncio dell’angelo.
- Eccomi. Ecco la nostra parola.
La forza della parola di Dio oggi lambisce la mia esistenza, la mia Nazaret. È a me che viene annunciato: c’è una storia santa che chiede di essere realizzata, contrariamente a tutto quello che appare. Me la sento di parteciparvi mettendo la mia esistenza nelle mani dell’unico che sa per qual fine mi ha creato?
Coloro che si lasciano coinvolgere con tutto quello che sono, fanno sì che quest’oggi Maria rechi non solo a noi l’annuncio del Signore ma possa recare un lieto annuncio anche al Signore: “questi tuoi figli sono di nuovo disposti a fidarsi della tua parola!”.
Così speriamo e così sia.