Un unico grande bisogno di vita attraversa l’esistenza di tutti noi, anche se ciascuno di noi lo esprime con linguaggi diversi. Giairo, figura pubblica, religiosamente importante, supplica, parla, si inginocchia, si getta a terra davanti a Gesù. La donna, invece, usa il linguaggio del corpo, se parla lo fa solo tra sé e sé. Anche …

Un unico grande bisogno di vita attraversa l’esistenza di tutti noi, anche se ciascuno di noi lo esprime con linguaggi diversi. Giairo, figura pubblica, religiosamente importante, supplica, parla, si inginocchia, si getta a terra davanti a Gesù. La donna, invece, usa il linguaggio del corpo, se parla lo fa solo tra sé e sé. Anche se diverso il linguaggio, comune è la confessione di impotenza. C’è una soglia, rappresentata dalla malattia e dalla morte, oltre la quale non è dato andare: Perché disturbi ancora il maestro?
Il Vangelo ci riporta un triplice modo di rispondere alla stessa esperienza di morte o di malattia.
Il primo è quello interpretato dalla folla in casa di Giairo, una folla che si difende facendo strepito. E’ la rassegnazione fatalistica. Ed essi lo deridevano, annota Mc.
Il secondo lo troviamo nel comportamento della donna affetta da perdita di sangue. Una fede ingenua, apparentemente. Era emarginata dalla convivenza a motivo della sua impurità. Ma non si è mai rassegnata al suo stato. Teme di disturbare Gesù e di venire rimproverata a motivo del suo trasmettere contaminazione. Per questo decide di rubargli in maniera nascosta, di spalle, la guarigione, approfittando della calca e mossa da una grande fiducia: “Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò guarita”. È forse magia? No, attesta il Vangelo. A questa donna è stato dato intuire il mistero della persona di Gesù, sa che in lui esiste una forza benefica e risanatrice. E questa forza non solo la guarisce dal male fisico ma anche da quello sociale perché viene reintegrata nella convivenza degli uomini.
Gesù non si sente toccato dalla folla. Tutta la folla gli si stringe intorno, è pressato da ogni parte. Ma Gesù non si sente toccato da questa folla. Turba premit, illa tangit (la folla preme, lo schiaccia, lei sola lo tocca).
“Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace…” . La donna chiedeva tra sé di essere salvata toccando quell’uomo, Gesù, invece, attribuisce alla sua fede la salvezza. È la fiducia che esiste in lei lo strumento che permette di riavere la vita.
La tua fede…: quella che per la religione era soltanto una trasgressione da punire, per Gesù è fede che salva. Ecco perché Gesù manda in frantumi i rituali dell’antica legge. Non la manda dal sacerdote come era prescritto dal Levitico. Le dice di andare in pace: cioè può vivere allo scoperto, liberamente, senza bisogno di sottomettersi al controllo dei sacerdoti del tempio.
La tua fede…: una fede, a ben pensarci, non fatta di proclami ma di gesti, non di parole ma del linguaggio di mani che toccano. Fin dove arriva la mia fede? E come si esprime?
C’è poi una terza risposta al dolore. Quella di Giairo, la cui fede, pur fortemente provata, non è mai venuta meno. Una fede che sa osare anche di fronte ai tratti di una situazione senza ritorno. “Continua solo ad avere fede”. Mi pare sia questo il vero miracolo.
Proprio là dove c’è una impotenza confessata, c’è altresì una fede ostinata, quella fede capace di sperare contro ogni speranza: Continua solo ad avere fede!
Continua solo ad aver fede! Gesù sembra dire che non basta il gesto che può nascere dalla disperazione: occorre una fede capace di attraversare le notti della vita. È  necessaria una relazione con Dio che superi la fase dell’epidermico, il momento della necessità e si misuri con la durata, con il tempo.
Continua solo ad aver fede! Non lasciar perdere quando tutto sembra finito perché volontà di Dio è che tu abbia la vita.
Di fronte a questi modi di risposta al dolore c’è poi Gesù. Gesù non teme i tabù né le miserie più nascoste. Invece di tenere le distanze, è lui che le riduce per stabilire un contatto fisico anche a costo di contrarre una impurità legale e così viene a svelare i tratti del Dio amante della vita che rompe la distinzione tutta umana tra puro e impuro, sacro e profano.

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Dal Vangelo secondo Marco 5,21-43

In quel tempo, essendo Gesù passato di nuovo in barca all’altra riva, gli si radunò attorno molta folla ed egli stava lungo il mare. E venne uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi e lo supplicò con insistenza: «La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva». Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno.
Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando, udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. Diceva infatti: «Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata». E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male.
E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi ha toccato le mie vesti?». I suoi discepoli gli dissero: «Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: “Chi mi ha toccato?”». Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo. E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. Ed egli le disse: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male».
Stava ancora parlando, quando dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, soltanto abbi fede!». E non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo.
Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava forte. Entrato, disse loro: «Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme». E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina. Prese la mano della bambina e le disse: «Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico: àlzati!». E subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare.