A scuola di sguardi. Non una scuola dell’obbligo ma un’arte che bisogna scegliere di apprendere. Importante imparare a guardare perché non ci accada di vedere senza riconoscere.
A questa scuola scopriamo che lo sguardo di Gesù, misura anzitutto la stanchezza e la mancanza di riferimenti di tanta gente (come pecore senza pastore) e coglie le domande inespresse. Che la gente sia stanca e stremata sembra quasi che lo veda solo Gesù. O forse altri vedono ma come nel racconto di Lc 10 vedono e passano oltre, senza voler affrontare, senza lasciarsi interpellare. Quanta stanchezza ancora oggi sul volto di tanti uomini e donne che non trova eco alcuna in chi pure sarebbe deputato a farsene carico alla stregua del buon pastore!
E misurando stanchezze e vuoti Gesù non si abbandona a sterili disamine. A quella gente stanca e sfinita non fa discorsi moralistici, non discetta sulle cause di quella spossatezza e soprattutto non recrimina, non fa neppure un discorso su Dio ma glielo pone di fronte. Non gli dice come è Dio in sé, ma manifesta come agisce nei confronti di ogni essere umano. E così narra loro di un Dio che come un’aquila insegna l’arte del volo ai suoi piccoli. Immagine stupenda quella di un Dio che ti porta sulle sue ali finché tu un bel giorno non prenderai il volo. E anche quando deciderai di spiccarlo, proprio come un’aquila ti resta accanto perché tu possa trovare riposo e riparo.
Alla scuola dello sguardo di Gesù si scopre che il suo approccio agli altri non avviene mai nei termini di un rigido indottrinamento ma sempre in quelli che esprimono capacità di coinvolgimento, di porsi liberamente nella loro pelle, rilevando problemi e suscitando potenzialità nascoste.
Uno sguardo che pur misurando limiti, fragilità, mancanze non diventa mai sguardo di disprezzo ma sempre sguardo disposto a mettere in luce le zolle di terra incontaminate che già preannunciano la possibilità di un raccolto abbondante: la messe è molta. Quanto diverso lo sguardo di Gesù da quello dei capi del popolo che pure, altrove, il vangelo riporta. Questi, infatti, parlando della gente la presentano come gente che non conosce la legge, come gente maledetta (Gv 7,49).
Uno sguardo, quello di Gesù, che non vede mai l’altro semplicemente come oggetto di cura, ma come un interlocutore che a partire dal suo modo di interagire dischiude un nuovo orizzonte di comunione. Uno sguardo che accoglie l’altro nella sua interezza e nelle sue caratteristiche umane che non necessariamente sono promettenti per l’opera che pure vorrebbe portare a compimento: e allora c’è Pietro, c’è Giovanni, c’è Matteo, c’è Giuda, ci sono io, c’è ciascuno di noi. Tutti chiamati alla sequela purché disposti a diventare partecipi del suo stesso sguardo, appassionati di umanità. Discepoli del maestro, debitori di sguardi.
Di fronte alla stanchezza della gente Gesù chiede agli uomini preghiera perché il Padre mandi operai adatti al compito. Una Chiesa pensata, voluta e inviata per essere segno dello sguardo di Dio per chi vive stremato e gettato a terra (come suona il testo greco). Ecco lo specifico, il proprium dell’essere Chiesa, una Chiesa non distaccata dai problemi e dalle fatiche degli uomini.
C’è tanto da raccogliere perché il terreno è buono. Dall’alto, Qualcuno guarda e vede che il mondo è ancora cosa buona, come all’origine; ha fede ancora nella bontà dell’uomo, perfino nella mia. Ecco perché il Signore cerca raccoglitori, perché la fatica più grande l’ha già fatta qualcun altro, Colui che ancora esce a seminare su rovi e sassi, su strade e buon terreno, a piene mani.
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Dal Vangelo secondo Matteo (9,35-10,1.6-8)
In quel tempo, Gesù percorreva tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni malattia e ogni infermità.
Vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore. Allora disse ai suoi discepoli: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!».
Chiamati a sé i suoi dodici discepoli, diede loro potere sugli spiriti impuri per scacciarli e guarire ogni malattia e ogni infermità.
E li inviò ordinando loro: «Rivolgetevi alle pecore perdute della casa d’Israele. Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date».