C’è posto per tutti nel regno di Dio se persino un essere abietto come Zaccheo viene accolto e salvato. Uno “non all’altezza” di vedere Gesù (in tutti i sensi), Zaccheo, si sente dire da costui: oggi devo fermarmi a casa tua. Dio si autoinvita a casa di uno verso cui erano in molti a puntare il dito. In fondo Zaccheo non aveva mica la cappella privata da offrire al Signore e dentro la quale poterlo ospitare con il dovuto decoro. Non si era mai udito prima. Infatti, tutti mormoravano. Questo no, Signore, adesso la misura è colma, protestano gli astanti. Ci sono case e case, ti rendi conto, Gesù? E, invece, no, sembra non rendersi conto (per fortuna, anche nostra). Lui è onorato di essere ospite a casa di un peccatore.
Gesù, infatti, – dovremmo averlo appreso – è venuto a narrare del desiderio che Dio ha di incontrare ogni uomo, nessuno escluso, anche se si chiama Zaccheo e se vive a Gerico, a -300 m. sotto il livello del mare, figura dell’abiezione più profonda di cui un uomo possa aver fatto esperienza.
Dio ci sorprende sempre con gesti di amicizia e di fiducia che precedono ogni nostra possibile ed eventuale risposta. Quei gesti sono posti in maniera gratuita, non finalizzati a chissà quale risposta, neanche quella di fare di noi dei santi o dei peccatori consapevoli. Ancora non sa se mai troveranno accoglienza in noi e nondimeno egli li pone. Così fa Dio. Scommette sempre a favore.
Zaccheo, da parte sua, è uomo capace di stare a contatto con il suo limite e di affidarsi a ciò che la vita gli consegna per poterlo assumere. Ed è proprio nell’esperienza del suo limite, riconosciuto e assunto, che avviene l’incontro con Gesù. È capace, Zaccheo, di ascoltare quell’inquietudine che si porta dentro. E senza nessun cerimoniale Zaccheo vive l’incontro più capovolgente della sua esistenza.
C’è di che riflettere per noi che continuamente progettiamo percorsi e itinerari di evangelizzazione. Qui nulla di ufficiale, nulla di istituzionale. Cosa c’è di meno istituzionale di un sicomoro? Cosa c’è di meno ufficiale di una strada e poi di una casa? Quante volte l’istituzione finisce per essere addirittura di impedimento a un autentico incontro con il Signore.
Zaccheo porta nel cuore il desiderio di vedere le cose da un altro punto di vista. È troppo angusto per lui quello che un sistema di pensiero ordinario gli consegna. Troppo angusto e troppo scontato quel sistema di pensiero: Dio non deve andare ad alloggiare da un peccatore. Un sistema di pensiero fatto fin troppo spesso di luoghi comuni. Ci logora – e non ce ne accorgiamo – il pressappoco, il generico. Ci condiziona una lettura superficiale della realtà che è fatta di luoghi comuni: è un peccatore, è un divorziato, è un separato, è omosessuale… L’altro letto per quello che può aver compiuto, non per quello che è. E non riusciamo a cogliere il mistero di una persona, il desiderio che la abita, l’inquietudine che la attraversa. Eppure, proprio quello che sulla bocca della folla suona come condanna (è andato ad alloggiare da un peccatore) proprio questo è la lieta notizia, il vangelo.
Zaccheo sente il bisogno di qualcosa che dilati l’orizzonte, qualcosa di meno asfittico. Quello che Zaccheo compie nel gesto di salire sull’albero è operazione tutt’altro che ovvia. Costa, infatti, guadagnare punti di osservazione differenti. È molto più comodo accontentarsi di quanto abitualmente la vita, le istituzioni dispensano per noi. Zaccheo accetta, in buona sostanza, di misurarsi con la sfida che quella visita di Gesù potrebbe rappresentare. E si ritrova in una esperienza di libertà da non avere più nulla da trattenere: Ecco io do… Gli era venuto dentro tutto d’un colpo, senza bisogno di stare tanto a pensare. La decisione che nasce dalla grazia di un incontro. E noi, invece, ad accordare l’incontro alla decisione. Fino a quando?
E Gesù, che intercetta il desiderio recondito di Zaccheo, riesce a cogliere in quello scatto di salire sull’albero una curiosità e una disponibilità che non ha precedenti. Se avessimo un po’ di più di quella capacità di intercettare cosa c’è dietro certi gesti, certi sguardi, certe parole, quanti altri Zaccheo gusterebbero la gioia di incontrare e conoscere il Signore. E invece no. Per noi non esistono altro che percorsi obbligati e omologati, per tutti, nessuno escluso. E andiamo avanti imperterriti da duemila anni dietro al Signore Gesù senza mai accorgerci di quanti, di volta in volta, stanno appollaiati su un albero per vedere se da parte nostra potrà mai venire un gesto che faccia superare la distanza.
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Dal Vangelo secondo Luca 19,1-10
In quel tempo, Gesù entrò nella città di Gèrico e la stava attraversando, quand’ecco un uomo, di nome Zacchèo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là.
Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zacchèo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!».
Ma Zacchèo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto».
Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».