Cosa sono le cose sante e le perle?
Le perle e le cose sante, in questo contesto del Discorso della montagna, sono la dottrina del Regno. Ricordate la parabola del mercante di Mt 13,45ss.? Lì la perla indica il regno di Dio.
In questo caso cani e porci potrebbero essere coloro che non sono preparati per questo nutrimento e perciò lo sprecano. Il verbo sbranare farebbe così riferimento alla persecuzione che i discepoli di Gesù possono soffrire quando, imprudentemente, riversano sulla gente le esigenze del Regno senza preoccuparsi di sapere se è in grado di accoglierle.
Questo primo versetto ci mette in guardia contro chi, in maniera rigida, pretende l’immediata osservanza degli insegnamenti. In realtà, invece, quanto Gesù propone richiede una preparazione, una gradualità. Il Discorso della montagna contiene delle esigenze altissime, che rimangono vere, ma che tuttavia vanno applicate con pazienza, con perseveranza, con accoglienza.
I nostri ideali sono grandi, poi però bisogna esercitare una pazienza infinita. Quando ci fissiamo sugli ideali grandi dimenticando la pazienza che Dio per primo esercita con ciascuno di noi, finiamo per scoraggiare e allontanare i fratelli.
E’ proprio dell’amore essere discreto e la discrezione deriva dal discernere: discernere le situazioni, le azioni e le reazioni per vedere cosa qui e ora può aiutare di più l’altro. Quante volte per il desiderio di compiere la carità della verità abbiamo disatteso il fare la verità nella carità!
Si tratta, perciò, di un monito, che non togliendo nulla alla radicalità del vangelo, esorta a tenere conto della fatica e del cammino di ciascuno.
Quanto io tengo conto dei diversi cammini delle persone?
Il secondo versetto del nostro brano (v. 12) riporta in positivo la famosa regola d’oro che troviamo già in Tb 4,15: ”Non fare a nessuno ciò che non piace a te”. Si tratta di una norma di buon senso presente anche in altre religioni. Ogni uomo che ha raggiunto una certa coscienza morale si rende conto che se non gradisce certi comportamenti altrui, è giusto che lui per primo non li viva nei rapporti con gli altri, e se desidera alcuni gesti nei propri confronti, anche lui deve farli per gli altri.
Attenzione, però, perché solo riconoscendo la mia dignità posso imparare ad amare rettamente il prossimo. Talvolta, non tenendo conto della propria dignità, in nome di una sorta di altruismo, si finisce per violare la nostra dignità.
Inoltre, la dignità del cristiano sta nel suo essere amato e perdonato da Dio, perciò il cristiano avverte di dover fare agli altri ciò che è stato fatto a lui. Chi è stato perdonato dal Signore per 10.000 talenti, è chiamato a perdonare al prossimo 50 o 100 denari.
Questo è il di più rispetto ad altre espressioni religiose: guardare a come Dio ci ha amato, a come Gesù è morto in croce per me. E’ la charitas sine modo: il nostro amore sulla misura di quello di Gesù.
Come viviamo questa parola di Gesù tra di noi? Se io fossi solo, ammalato, in quale modo vorrei essere ascoltato, visitato, considerato? Se fossi in disagio e in difficoltà, in quale modo vorrei che qualcuno mi desse una mano?
Probabilmente i nostri rapporti sono buoni, cordiali, ma questa parola, mi pare richieda qualcosa di più.