La vita dell’uomo può essere letta secondo la categoria del viaggio. C’è un viaggio da compiere perché possiamo conoscere Dio in pienezza. C’è un viaggio da compiere perché possiamo conoscere chi siamo fino in fondo come uomini e donne. E prima del traguardo, è affrettato esprimere giudizi sull’uno o sull’altro. Solo alla fine del percorso emerge la verità di quello che siamo.
In questo percorso nulla è banale o accidentale. Lungo questo cammino tutto è materiale prezioso perché sia svelato che cosa c’è nel profondo del nostro cuore, le ragioni che lo animano e le passioni che lo attraversano, le convinzioni che lo abitano e gli ostacoli che lo appesantiscono. In questo cammino un cibo non vale l’altro: ciò di cui ti nutri (il linguaggio è ovviamente figurato), dice la consapevolezza che hai della meta da raggiungere. Per questo è importante discernere ciò di cui ci si nutre perché lungo il tragitto non vengano smarrite motivazioni e ragioni del viaggio stesso.
Il percorso non è anzitutto fisico-geografico ma interiore. Come ogni viaggio, quando la stanchezza o il disorientamento fanno capolino, quando l’imprevisto o l’ignoto fanno la loro comparsa, il rischio è quello di assolutizzare la tappa con la meta: la prospettiva della smentita come quella della fatica, non poche volte ci fanno concludere che è meglio tirare i remi in barca. Non riusciamo a cogliere la parola sottesa a quella situazione che non avevamo messo in conto e, chiusi come siamo nelle nostre consolidate convinzioni, tutto preferiamo riportare alla misura delle nostre certezze, purché nulla ci destabilizzi.
Era accaduto anche agli interlocutori di Gesù bloccati dalla loro statica saccenteria di chi pretende di conoscere, misurare, giudicare secondo i registri di sempre che guarda caso attingono ad un passato a cui è facile fare ritorno: “Di lui conosciamo il padre e la madre…”. Si appellavano ai loro padri nel deserto dimenticando che proprio il deserto era stato l’esperienza all’interno della quale Dio si era manifestato diversamente da come essi se l’aspettavano.
Confrontati con la pretesa da parte di Gesù di essere lui l’unico pane capace di sostenere il cammino dell’uomo, avevano patito lo scandalo della sua persona: come poteva essere forza e ragione per il proprio cammino, uno di cui addirittura conoscevano il padre e la madre? Per questo, l’ostacolo con cui si erano misurati li aveva ridotti alla mormorazione, atteggiamento tipico di chi non riesce più a dare fiducia ad un altro e perciò si ritrova a palesare la propria incredulità. Meglio restare senza cibo piuttosto che assumerne uno che ha tutto il carattere dell’impegnativo. Il mormorare ha nulla a che vedere con il parlare alle spalle: esso rappresenta piuttosto il fermarsi a una lettura superficiale degli eventi e alla pretesa di voler imporre il proprio modo di vedere le cose.
Al dire di Gesù è difficile uscire da questa impasse se non ci si lascia attrarre dal Padre. Se non c’è un credito di fiducia circa il fatto che a Dio stia a cuore la tua vicenda, tutto sarà visto come un impedimento e tutto come un motivo per gettare la spugna anzitempo. Non permettere che ciò che eccede la tua comprensione diventi motivo per concludere che non valga la pena misurarsi con esso. Ti priveresti di una occasione attraverso la quale Dio stesso si sta prendendo cura di te. Quale impedimento sarà più grande del fatto che di lì a poco Gesù muoia sospeso ad una croce? Eppure è da quell’albero di morte che è venuta a noi la vita!
La crisi dei Giudei può essere superata solo attraversandola. Maledette/benedette crisi: se solo avessimo la capacità di fidarci e di decifrare il linguaggio in esse racchiuso, smettendo un atteggiamento presuntuoso che non ci fa muovere un passo non anzitutto fuori di noi ma dentro di noi!
A volte può bastare proprio nulla. A volte basta uno sguardo, una parola, un gesto: quando c’è di mezzo Dio, l’efficacia dei mezzi non è mai proporzionale alla loro efficienza.
Basta a noi misurarci con lo stile umile, semplice che il Signore Gesù ha scelto di assumere?
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Dal Vangelo secondo Giovanni 6,44-51
In quel tempo, disse Gesù alla folla:
«Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno.
Sta scritto nei profeti:
“E tutti saranno istruiti da Dio”. Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna.
Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia.
Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».