Antonio di Padova ha scritto che solo l’amore conosce. Come è vero! Maria di Magdala, nonostante la paura, esce di casa iniziando un nuovo cammino. Pur in preda alla tentazione di cedere al vuoto, non si lascia guidare dall’evidenza ma dall’amore. Ha trascorso il sabato con gli apostoli ridotti al silenzio, dominati dal sapore della sconfitta (ecco l’evidenza: i fatti). Ma non si è lasciata influenzare dal loro annientamento. Ha sfidato il pericolo di chi avrebbe voluto eliminare anche gli amici di Gesù (ecco l’amore).
Maria di Magdala mi ricorda che nella notte più buia, proprio quando la disperazione vorrebbe avere il sopravvento, c’è sempre una via. C’è ancora una via. È necessario uscire dalle proprie barricate e, sebbene ancora al buio, cercare la strada verso il sepolcro vuoto del Signore Gesù. Maria di Magdala è capace di elaborare la sua perdita, non la rimuove. Proprio mentre smette di volersi appropriare della vita può ricevere molto più di quanto sarebbe mai riuscita a carpire se l’avesse trattenuta. È quello che qualche volta ho chiamato offrirsi agli eventi. Fosse dipeso da lei, la vita doveva scorrere immutata ma cristallizzata al momento che precede la morte del suo Signore. Quante volte vorremmo fissare il tempo e gli eventi convinti che solo così possa venire a noi l’opportunità di una vita riuscita, realizzata. Affrontare l’esperienza della morte ci permette di vivere la vita in un modo che la nostra rimozione non ci consentirebbe mai.
Il cuore di Maria di Magdala è capace di non pochi passaggi: dal piccolo io a un mondo più vasto; dall’aggrapparsi al lasciare la presa; dal fatalismo alla speranza; dalla manipolazione all’amore; da una morte angosciosa a una vita gioiosa.
Avrebbe potuto rifugiarsi nel suo bozzolo, come tutti gli altri, per dimenticare e non affrontare il dolore di quella perdita. Avrebbe potuto immergersi nella frenesia del lavoro per non pensare: una via, questa, molto battuta, dove la velocità di movimento e l’eccesso di cose da fare diventano una scorciatoia per non prendere contatto con ciò che fa soffrire nel profondo. Ma se non si guarda al proprio dolore, ogni crescita è bloccata. Un’altra scorciatoia è poi l’atteggiamento dello scaricare: addossare responsabilità e pesi su altri, lamentarsi in continuazione, vedersi come unici nel mondo autorizzati a soffrire. Tutti percorsi che distolgono da un vero e pungente confronto con noi stessi. Maria di Magdala avrebbe potuto gridare contro i romani, contro gli ebrei, accusare gli apostoli di non aver difeso il Maestro. Eppure, nulla di tutto ciò.
Perché quella fretta di buon mattino? Perché uscire nella paura e nel pericolo? Intuisce, Maria, che il suo come il nostro dolore non sono mai eventi isolati ma fanno parte di un mistero molto più grande le cui conseguenze saranno svelate al sorgere del sole. Forse, se quelle conseguenze non sono state ancora svelate a noi, è perché, a differenza di lei, ci siamo arresi molto prima, imboccando una delle nostre scorciatoie.
Maria si sentirà chiamare per nome e a lei basterà voltarsi verso di lui per vederlo. Ma non è scontato girarsi. Talvolta è più facile continuare a misurarsi con la sofferenza che lasciarsi incontrare dalla risurrezione. Come dar torto a un simile atteggiamento? Tutto ciò che ha a che fare con il corpo si vede, si tocca e perciò lo riteniamo vero, ma per lo spirito… è diverso suvvia.
Quante volte la vita ci chiede di voltarci, cioè convertirci nel profondo per poterlo riconoscere! Ma non basta neppure voltarsi soltanto: è necessario saper distinguere la sua voce. Il suo è un timbro tutto particolare: Maria! Antonio! Metti pure il tuo nome:… Ci è capitato di sentirlo talvolta e forse abbiamo creduto fosse un miraggio e perciò abbiamo preferito continuare a piangere su noi stessi. Di cosa non mi lamento! Un’intera esistenza sfuma tra un pianto e una lamentela. Ma il tempo del pianto è limitato: perché piangi? Lui ci chiama non attraverso chissà quale rivelazione straordinaria. Ci chiama mediante un gesto di tenerezza. Quale Signore cerchi? Quello che immagini tu?
Vòltati. Lascia perdere il tuo sepolcro fatto di attaccamenti e di paure. Solo allora riconoscerai il suo volto e la tua vita non sarà più la stessa. Accadde quel mattino. Può accadere questa mattina.
Quando questo accade ti accorgi che Gesù non è solo tuo: non puoi tenerlo per te, devi portarlo ad altri. Non importa se gli altri non credono: accadde così anche a lei. D’altronde è vero. Ogni uomo chiede una propria via per credere e Gesù acconsentirà rispondendo personalmente: spezzerà il pane per alcuni, si mostrerà la sera di Pasqua ad altri, si lascerò toccare da Tommaso, condividere del pesce con altri.
Tu va’ dai miei fratelli e racconta ciò che il tuo amore ti ha permesso di conoscere.
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Dal Vangelo secondo Giovanni 20,11-18
In quel tempo, Maria stava all’esterno, vicino al sepolcro, e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro e vide due angeli in bianche vesti, seduti l’uno dalla parte del capo e l’altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. Ed essi le dissero: «Donna, perché piangi?». Rispose loro: «Hanno portato via il mio Signore e non so dove l’hanno posto».
Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù, in piedi; ma non sapeva che fosse Gesù. Le disse Gesù: «Donna, perché piangi? Chi cerchi?». Ella, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: «Signore, se l’hai portato via tu, dimmi dove l’hai posto e io andrò a prenderlo». Gesù le disse: «Maria!». Ella si voltò e gli disse in ebraico: «Rabbunì!» – che significa: «Maestro!». Gesù le disse: «Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va’ dai miei fratelli e di’ loro: “Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro”».
Maria di Màgdala andò subito ad annunciare ai discepoli: «Ho visto il Signore!» e ciò che le aveva detto.