Affatto scontata e tantomeno univoca la risposta all’amore e alla passione di Dio. L’evangelista Gv, più di ogni altro, narra di una sequela di Gesù nella passione al maschile e di una al femminile.
Il maschile pur sperimentando un primo entusiasmo per il Maestro registra ben presto non poca chiusura e fissità nel proprio modo di comprendere le cose; si dimostra incapace ad uscire dalla grettezza del calcolo, è incapace di un amore gratuito. Deve essere quasi costretto ad accogliere che i ruoli siano invertiti.
Il femminile, invece, è per Gv il modo in cui il discepolato si esprime nella forma più vera. In modo particolare va oltre ogni convenzione e ogni calcolo, è disponibile ai progetti dell’amato, acconsente ad essere amato così come Gesù ha scelto di fare, è silenzioso ai piedi della croce come sarà tenace nella ricerca dopo la morte del suo Signore.
Pietro, ovvero la religione del potere. Con te, Signore… sono pronto…
Ora, quando Pietro parla di morte, egli intende una morte eroica, la morte del martire, una morte gloriosa: morire brandendo la spada, nell’eroismo: la morte di chi nel proprio ultimo grido attesta la verità sfolgorante di Dio come pure l’ingiustizia e la vergogna di chi ha deciso di metterglisi contro. Questa è la morte di cui Pietro vorrebbe morire: non accetta affatto di morire umiliato, in silenzio, oggetto del pubblico ludibrio. Vuol morire martire ma è incapace di fare l’unica cosa che il suo maestro gli chiede: vegliare con lui. No, Pietro si lascia vincere dal sonno che esprime il disgusto psicologico di una situazione inaccettabile come quella di Gesù nell’orto. Quel sonno esprime lo scandalo di fronte ad un uomo che ha paura. Da qui lo smarrimento e il non volerci pensare.
Giuda, ovvero la religione ridotta a spettacolo e mercato
E’ un uomo in cui sono ben combinate meschinità e nostalgia di grandezza.
Un uomo deluso di Gesù ma anche di sé: per questo si lascia attrarre da un miraggio di rivalsa, di risentimento, che ad un certo punto lo travolge. “Amico, per questo sei qui!”: guarda chi sei, guarda ciò che fai. Se vuoi, compilo, ma attenzione a quale immagine di te ti presenta ciò che compi. Dio concede all’uomo la libertà contro di sé, in Cristo, e si offre per questa libertà sbagliata.
Pilato ovvero l’uomo ridotto a ruolo
E’ il burocrate attaccato alla sedia; la cosa più importante per lui è non perdere il posto. Preso com’è tra due fuochi – da una parte gli ordini che vengono dall’alto e dall’altra il malcontento della folla – il suo è uno sforzo impari: non dispiacere alla coscienza, ma neppure all’imperatore, e neppure alla gente con la quale deve vivere.
Vuol salvare tutto e perciò cerca espedienti. Cerca tutte le vie d’uscita, tranne quella vera, cioè far uso della sua libertà, della sua dignità.
Il discepolo che Gesù amava
Il discepolo che Gesù amava vive con Gesù una singolare relazione. Egli fa da contrappeso a Giuda: di fronte al traditore egli è colui che vive unicamente di dono. La sua identità gli è data dalla relazione con Gesù. Nel vangelo di Giovanni, il discepolo che Gesù amava, insieme alla madre del Signore, non viene mai designato con il proprio nome. Ciò che caratterizza tanto la madre del Signore quanto il discepolo che Gesù amava non è la storia individuale ma la relazione che Gesù ha con loro. La loro identità è data dalla relazione: del resto che cosa potrebbe farmi scoprire il mio io se non il tu dell’altro?
Maria di Betania
Essa compie su Gesù un piccolo gesto: unge i suoi piedi ( e non il capo) con un olio profumato assai prezioso e molto abbondante. In tal senso, Maria esprime l’atteggiamento della prodigalità assoluta dell’amore verso l’amato, della sposa verso lo sposo. Essa consente all’amato di compiere la sua vicenda di vita e di morte.
Maria riesce a comprendere in quel Gesù la dismisura di Dio, lo spreco di Dio. Ella ha un vaso di profumo prezioso e lo offre, senza pensarci tanto se sia utile, se serva a qualcosa, se creerà qualcosa di nuovo nella storia al di là di una casa piena di profumo. Di certo fa qualcosa che va oltre la legge: Maria inventa un gesto, proprio come fa Dio. E’ proprio dell’amore l’inventiva, la creatività. E inventa un gesto che lo stesso Gesù apprende: lo ripeterà, infatti, di qui a pochi giorni quando, lui, il Signore e il Maestro, si inginocchierà ai piedi dei suoi discepoli.
Il suo è un sì aperto a quella forma che l’amore di Gesù vorrà prendere a beneficio dei suoi. A differenza di Pietro e di Giuda che vogliono sapere, determinare, tenere, vendere, comprare, Maria di Betania rappresenta “il puro non impedire” la volontà di obbedienza dell’amato. Ella è il semplice rimettersi a lui, come lui stesso si rimette ai disegni del Padre.
Maria di Magdala
Maria di Magdala è la donna guarita, da essa erano usciti sette demoni (Lc 8,2). Ella non può più fare a meno del Cristo, al quale deve una vita completamente nuova e libera. “Perciò è indescrivibile ciò che ella vive in cima al Golgota. Il liberatore orrendamente inchiodato e che si tormenta a morte, e lei, la liberata, impotente a fare una minima cosa per la sua liberazione”. Maria di Magdala in quel preciso momento comprende che “l’offerta del suo amore non è per lui di aiuto ad illuminare la notte oscura in cui lo immerge il suo abbandono da parte di Dio”. Sulla Croce il Cristo è solo e lei deve lasciare che resti tale. “Ella non è utilizzabile”. La sua è una sequela impotente.
La Madre del Signore
La Madre di Gesù, che sosta ai piedi della Croce, costituisce il centro più profondo tra le altre due Marie. Maria di Betania aveva compiuto su Gesù un gesto, l’unzione. Maria di Magdala aveva parlato con il Maestro. Maria la Madre non fa niente e non dice parola. È solo là, silenziosa al Calvario.
Gesù morente, il Figlio, dispone di lei, la Madre. Le da un altro figlio e l’affida al discepolo in qualità di Madre sua. Il Cristo dispone di lei, ma a lei non viene chiesto niente. Gesù, il Figlio, fa conto che la Madre sia d’accordo. Un accordo con lei del resto è da sempre presupposto.
E Maria? Maria la Madre, lascia tutto accadere. Tutto lascia avvenire in relazione a Dio. Maria lascia che Gesù non solo sia avvolto dalla morte fisica, ma soprattutto che sia abbandonato dal Padre suo. Lo lascia “là dove ogni comunione, ogni forma d’aiuto viene interrotta e resa impossibile”, dice Balthasar. E questo lasciare il Figlio non è per Maria una decisione propria. Ella deve lasciarlo perché il Figlio semplicemente si sottrae, perché lui la abbandona, quasi la getta da parte. Il Figlio colloca altrove sua Madre.
Per guarirci dall’incapacità di essere fratelli, il Crocifisso Risorto ci dona un nuovo grembo. Maria accoglie fra le sue braccia tanto il figlio morto quanto coloro che lo hanno ucciso, Caino ed Abele. Proprio nel momento in cui le muore il Figlio, diventa Madre di tutti gli uomini.