Tra disorientamento e rassicurazione. Sembra muoversi tra queste due sponde la pagina evangelica odierna.
Il disorientamento nasce dal fatto che forse non ci riteniamo all’altezza del compito affidatoci da Dio, quello di vivere nella storia da una parte senza smemoratezze e dall’altra con la capacità di guardare avanti, tra memoria e progetto. Lui si paragona ad un signore che va via e affida i suoi beni all’uomo chiamato ad amministrarli. E come si fa ad amministrare i beni di Dio?
Viviamo in un tempo in cui la percezione più comune è quella di subire gli eventi più che esserne protagonisti. Credo non fatichiamo a ripetere con Pietro: Signore, ma a chi stai parlando? Parli a me? Come si fa ad amministrare il sogno di Dio sul mondo, sulla storia, sull’uomo, sulle relazioni. Chi ne è capace? Il nostro sguardo è parziale se non addirittura miope e perciò andiamo avanti ma senza visioni, come a tentoni, tra smemoratezze e demotivazioni che rendono scialbe non poche nostre giornate. Il rischio di perdere di vista l’insieme della nostra esistenza è dietro l’angolo. Peraltro ci sentiamo orfani di figure che possano davvero garantire una svolta come forse è accaduto in passato, capaci com’erano di inventare percorsi inesplorati.
Ognuno di noi – attesta il Maestro – è un po’ come un portinaio che vive ogni giorno in modo tale da imparare ad aprire, riconoscendo quando e come il suo Signore bussa alla porta. Sì, perché il nostro Dio ci visita più spesso di quanto immaginiamo. Si rende presente con una ispirazione o attraverso una persona che ci passa accanto, nel momento della preghiera o in quello in cui sentiamo di dover dare una svolta alla nostra esistenza. Il problema, infatti, non è che il Signore non ci visiti ma che noi non sappiamo riconoscerlo e perciò finiamo per lasciarlo passare senza accoglierlo. Imparare ad aprire: non ci è congeniale, lo riconosciamo. Più facile chiudere: costa meno.
Inoltre, – continua ancora il Maestro – nel tempo della storia mai farsi padroni. Dimenticare questo degenera in prepotenza verso i propri fratelli. Quando si smette di attendere, il presente si trasforma nel luogo della disordinata affermazione di sé. Stare nella storia come il proprio Signore venuto per servire prendendosi cura degli altri.
Il ladro che può venire all’improvviso non è anzitutto un nemico esteriore: esso abita in ciascuno di noi. Nella misura in cui smettiamo di attendere, i rapporti con gli altri diventano un inferno.
Il disorientamento si supera non perdendo di vista l’immagine molto domestica di un Dio rivestito del grembiule. Basta uno trovato fedele al suo compito per far impazzire di gioia il proprio Signore tanto che passerà a servire egli stesso. Il fatto che qualcuno attenda al proprio compito con responsabilità e fedeltà, questo soltanto sarà ripagato con quella immagine inedita di un Dio servo dei suoi servi. Essere trovati così: attenti al proprio lavoro. Ciò che è chiesto è l’essere pronti, sempre, senza indugio. È una vera fortuna essere trovati così.
“Può darsi che domani spunti l’alba dell’ultimo giorno: allora, non prima, noi interromperemo volentieri il lavoro per un futuro migliore” (D. Bonhoeffer, Resistenza e resa). Lo scriveva un uomo che di lì a poco avrebbe versato la sua vita in un campo di concentramento, vittima di una follia omicida.
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Dal Vangelo secondo Luca 12,39-48
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».
Allora Pietro disse: «Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?».
Il Signore rispose: «Chi è dunque l’amministratore fidato e prudente, che il padrone metterà a capo della sua servitù per dare la razione di cibo a tempo debito? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così. Davvero io vi dico che lo metterà a capo di tutti i suoi averi.
Ma se quel servo dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda a venire”, e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli infedeli.
Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche.
A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più».