L’ipocrisia è il ridurre la vita a una perenne esperienza di teatranti: la recita come stile perenne. Si può vivere la vita, dice Gesù, con una maschera sul volto come accadeva nella tragedia greca. L’ipocrita dice e fa ciò che gli è dettato dal ruolo non da ciò che egli è. Ogni gesto è studiato e posto in atto in funzione di attirare l’attenzione su di sé. Se questo può andar bene nel teatro, nella vita personale uno che recita non entrerà mai in relazione con nessuno.
Immediatamente, come in questo caso, sono presi di mira scribi e farisei, l’istituzione religiosa e culturale ebraica, la cui ipocrisia traduce la brama di conservare il proprio potere e gli interessi che ne derivano. Un pericolo, però, tutt’altro che assente anche nelle nostre comunità, nella nostra esistenza.
Ipocrisia è il volersi servire del religioso per affermare se stessi. Quelle di Gesù sono parole consegnate a chiunque si ritiene giusto davanti a Dio e perciò si autorizza a disprezzare l’altro, a chi si separa dai peccatori in nome della propria purezza, a chi riduce la relazione con Dio a un insieme di prestazioni, a chi si ritiene conoscitore della volontà di Dio sugli altri così da spadroneggiare su di essi, a chi nasconde il proprio vuoto e la propria verità umana, a chi fa prevalere l’istituzione e il suo funzionamento sulle persone e sulla loro umanità. Si può persino arrivare a compiere le opere di carità ma senza la carità delle opere.
Ipocrisia è assumere la doppiezza come stile di vita, la spregiudicatezza nell’insegnare agli altri ciò che personalmente non si tocca neppure con un dito, l’esenzione dall’obbedienza alla Parola di Dio mentre la si esige dagli altri.
Ecco alcuni dei tratti che concorrono a delineare la fisionomia del religioso. È il vivere la vita abdicando al compito fondamentale per ogni uomo: realizzare l’unicità e l’irripetibilità che ciascuno di noi è.
Ipocriti… Ipocrisia come atteggiamento di chi ha già deciso di non cambiare, di non volersi misurare con la realtà. Atteggiamento di chi vive di parole, vive di riunioni per accordarsi su come misurarsi con un reale che eccede il proprio modo di vedere le cose. La realtà delle cose, così come si presenta, è ciò che destabilizza l’ipocrisia. L’ipocrisia aborrisce l’evidenza. Ma è proprio a questa evidenza che Gesù riconduce gli ipocriti.
Quando non si è disposti a farsi mettere in questione si tocca con mano che il cuore è sempre più prigioniero di qualcosa che fa diventare contraddittori persino con se stessi. L’ipocrisia degli interlocutori di Gesù ha la sua radice nella paura. La verità, invece, esige un’accoglienza che mal si sposa con la paura e con l’indisponibilità a pagare di persona.
Chi non ha occhi per guardare se stesso e la propria condizione di menzogna, difficilmente ha un cuore capace di ospitare l’altro.
_______
Dal Vangelo secondo Luca (12,1-7)
In quel tempo, si erano radunate migliaia di persone, al punto che si calpestavano a vicenda, e Gesù cominciò a dire anzitutto ai suoi discepoli:
«Guardatevi bene dal lievito dei farisei, che è l’ipocrisia. Non c’è nulla di nascosto che non sarà svelato, né di segreto che non sarà conosciuto. Quindi ciò che avrete detto nelle tenebre sarà udito in piena luce, e ciò che avrete detto all’orecchio nelle stanze più interne sarà annunciato dalle terrazze.
Dico a voi, amici miei: non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo e dopo questo non possono fare più nulla. Vi mostrerò invece di chi dovete aver paura: temete colui che, dopo aver ucciso, ha il potere di gettare nella Geènna. Sì, ve lo dico, temete costui.
Cinque passeri non si vendono forse per due soldi? Eppure nemmeno uno di essi è dimenticato davanti a Dio. Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate paura: valete più di molti passeri!».