‘Perché mi invocate: Signore, Signore! E non fate quello che dico?’…
Suonano sferzanti, quest’oggi, le parole di Gesù: ‘Perché mi invocate: Signore, Signore! E non fate quello che dico?’. Come se a salvarci possa essere una formula o un rito, una soluzione magica. In fondo cosa costa gridare: ‘Signore, Signore!’? Nulla. Costa e come, invece, permettere che quel Signore invocato eserciti davvero la sua signoria sul nostro cuore facendo sì che a plasmare opere e giorni sia ciò che il Vangelo propone e chiede. Costa lasciarsi modellare pensieri e sentimenti sui pensieri e i sentimenti che furono in Cristo Gesù.
A un rapporto con il Signore profondo e radicato preferiamo uno epidermico e occasionale. Gettare radici solide è troppo faticoso, per questo continuiamo a restare in superficie riducendo l’osservanza evangelica a una revisione del comportamento non già a un rinnovamento del profondo. Moltiplichiamo esperienze, intercettiamo strategie, invochiamo soluzioni definitive che vengano dall’esterno e non accettiamo, invece, l’unica cosa che il vangelo ci propone: lasciarsi cambiare il cuore. E così ci lasciamo condizionare dall’immediato piuttosto che da ciò che ha una sua consistenza; investire su processi che richiedono energie e tempi lunghi ci spaventa: meglio accontentarsi di qualcosa raggiungibile col minimo sforzo. Quanto rinnovamento di facciata, dentro e fuori la Chiesa! Muta il teatro ma il copione è lo stesso. Quanto cambiamento di etichette e nomenclature a cui non corrisponde alcun processo di rinnovamento interiore! Quanta superficialità nel leggere il reale e nel proporre vie nuove!
Accettare la presenza del Signore nella propria vita equivale a un vero e proprio andare a bottega, imparando a dissodare il terreno del proprio cuore perché permetta al seme del Vangelo di attecchire mettendo radici profonde che non temano gli inevitabili scossoni che proprio a motivo della fedeltà al Vangelo possono registrarsi. Sei disposto a lasciarti ammaestrare?

______

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 6,43-49

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d’altronde albero cattivo che produca un frutto buono. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dagli spini, né si vendemmia uva da un rovo.
L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda.
Perché mi invocate: “Signore, Signore!” e non fate quello che dico?
Chiunque viene a me e ascolta le mie parole e le mette in pratica, vi mostrerò a chi è simile: è simile a un uomo che, costruendo una casa, ha scavato molto profondo e ha posto le fondamenta sulla roccia. Venuta la piena, il fiume investì quella casa, ma non riuscì a smuoverla perché era costruita bene.
Chi invece ascolta e non mette in pratica, è simile a un uomo che ha costruito una casa sulla terra, senza fondamenta. Il fiume la investì e subito crollò; e la distruzione di quella casa fu grande».