A chi gli contestava il fatto che i suoi discepoli contravvenissero a quanto prescritto dalla tradizione degli antichi a proposito delle abluzioni prima dei pasti, Gesù non aveva tardato a rispondere stupito come mai, invece, essi trasgredissero il comandamento di Dio (versetto omesso dalla liturgia). Così facendo, infatti, Gesù ribadiva il senso della legge data da Dio in vista del continuo discernimento da compiere per scegliere e operare il bene e per vivere relazioni improntate al riconoscimento e al rispetto dell’altro soprattutto quando egli si rivela nel suo versante di fragilità e di debolezza.

Ciò che il Signore chiede a noi quest’oggi è di stabilire uno stretto collegamento, inscindibile, tra cuore e comportamento.

Dio non è preoccupato della nostra facciata. Il Signore vuole entrare all’interno della nostra casa, vuole avere accesso al nostro cuore, che è il luogo dove maturano le convinzioni più profonde, dove si determinano le decisioni fondamentali e gli orientamenti della nostra esistenza. È lì che egli abita, lì il Signore ha come innestato i criteri di un’amicizia con lui. Se c’è scissione tra dentro e fuori, noi diveniamo ipocriti, cioè ci mettiamo delle maschere, siamo dei commedianti preoccupati della scena, della recita. E per noi come per i farisei di un tempo c’è il rischio di ridurre la fede a certe pratiche religiose che sanno di formalismo. Addirittura talvolta si arriva a credersi tanto più a posto con Dio quanto più numerose sono le devozioni che coltiviamo.

Come mai siamo così preoccupati dell’inappuntabilità delle azioni esteriori e trascuriamo di bonificare il cuore dalla malizia e dalla cattiveria? La risposta è ancora una volta l’ipocrisia.

Il Signore chiede a noi, inoltre, di porre un ulteriore collegamento tra religione e umanità, vale a dire che il rapporto con Dio passa necessariamente attraverso l’attenzione all’altro, che non è possibile sentirsi a posto con Dio solo perché abbiamo soddisfatto qualche pratica religiosa. Bisogna proprio che quanto abbiamo vissuto nello spazio sacro del tempio trovi prolungamento nella liturgia che celebriamo con la vita e nella vita. Il guaio è che noi siamo un po’ dualisti: anche per noi esistono spazi sacri e ambiti profani, realtà pure e realtà impure, senza sapere che la radice di questa separazione tra ciò che è sacro e ciò che è profano sta in noi, non è qualcosa stabilito da chissà quale legge di Dio. Tanto è vero che Gesù non ha paura di essere contagiato dal male: ha a che fare con i peccatori, usa compassione nei riguardi dei lebbrosi, entra nei luoghi dove la morte ha pronunciato la sua ultima parola. Non c’è zona di impurità che possa contagiare coloro nei quali abita il Dio della vita. Gesù ci chiede di far scomparire dalla nostra geografia sociale la divaricazione tra puri e impuri, tra santi e peccatori. Niente può sporcare il tuo cuore se il tuo cuore è saldo in Dio. Denaro, affari, relazioni: nulla è sporco per chi ha un cuore puro!

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Dal Vangelo secondo Matteo (15,1-2.10-14)

In quel tempo alcuni farisei e alcuni scribi, venuti da Gerusalemme, si avvicinarono a Gesù e gli dissero: «Perché i tuoi discepoli trasgrediscono la tradizione degli antichi? Infatti quando prendono cibo non si lavano le mani!».
Riunita la folla, Gesù disse loro: «Ascoltate e comprendete bene! Non ciò che entra nella bocca rende impuro l’uomo; ciò che esce dalla bocca, questo rende impuro l’uomo!».
Allora i discepoli si avvicinarono per dirgli: «Sai che i farisei, a sentire questa parola, si sono scandalizzati?».
Ed egli rispose: «Ogni pianta, che non è stata piantata dal Padre mio celeste, verrà sradicata. Lasciateli stare! Sono ciechi e guide di ciechi. E quando un cieco guida un altro cieco, tutti e due cadranno in un fosso!».