A contatto con i sentimenti del cuore di Cristo. È qui che ci porta la preghiera che Gesù rivolge al Padre proprio alla vigilia della sua passione. È uno dei testi che più dovremmo ascoltare: proprio come per un bambino ancora incapace di intendere e di volere, sentire il suono della voce dei suoi e delle parole che essi gli rivolgono è condizione per divenire uomo di relazione, così è per i discepoli. Abbiamo bisogno di sentir risuonare dentro di noi la voce del Signore perché la Parola plasmi l’uomo nuovo così come Dio lo ha pensato.
Mentre le tenebre stanno per abbattersi fitte su di lui, il cuore del Figlio di Dio non è preoccupato per l’incolumità della propria esistenza ma per quella di coloro i quali gli erano stati affidati dal Padre stesso. Si sa, si custodisce ciò che si ritiene essere un bene prezioso. Quante cose, infatti, lasciamo perdere perché irrilevanti a nostro giudizio! A quante ci leghiamo impropriamente. Non così il Figlio di Dio: nulla e nessuno di irrilevante non solo ai suoi occhi ma nel suo cuore. Nessuno alle strette in quel cuore. Fino alla fine, anche di fronte al più solenne smacco (uno lo rinnega, l’altro lo tradisce, tutti prendono vie di fuga) i suoi restano il tesoro prezioso attorno a cui ha posto il suo cuore: “Dov’è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore” (Mt 6,21), aveva detto un giorno. Ora, con più evidenza, emerge il tesoro del Figlio di Dio: io, tu, ciascuno di noi…
Il momento della prova potrebbe far indulgere verso una lettura delle cose che sa di abbandono, di disinteresse. Per questo Gesù chiede al Padre che proprio in quell’ora la sua dedizione verso gli uomini non venga meno, non ci sia interruzione nell’esperienza del prendersi cura perché nessuno patisca smarrimento. Il porto sicuro verso cui è incamminata la nave della nostra vita è l’abbraccio del Padre.
A generare l’attaccamento dei discepoli verso il maestro non è una nuova dottrina bensì l’esperienza del sapere di stargli a cuore. Sapere di essere nel cuore di qualcuno è ciò che genera appartenenza.
La dedizione e la custodia sono lo stile attraverso il quale si invera ogni dichiarazione d’amore. La risposta di Caino – “sono forse io il custode di mio fratello” – è finalmente riscattata attraverso il dono della propria vita da parte di Cristo nuovo Abele.

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Dal Vangelo secondo Giovanni 17, 11b-19

In quel tempo, [Gesù, alzàti gli occhi al cielo, pregò dicendo:]

«Padre santo, custodiscili nel tuo nome, quello che mi hai dato, perché siano una sola cosa, come noi.

Quand’ero con loro, io li custodivo nel tuo nome, quello che mi hai dato, e li ho conservati, e nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione, perché si compisse la Scrittura. Ma ora io vengo a te e dico questo mentre sono nel mondo, perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia. Io ho dato loro la tua parola e il mondo li ha odiati, perché essi non sono del mondo, come io non sono del mondo.

Non prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li custodisca dal Maligno. Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Consacrali nella verità. La tua parola è verità. Come tu hai mandato me nel mondo, anche io ho mandato loro nel mondo; per loro io consacro me stesso, perché siano anch’essi consacrati nella verità».