L’amore di cui Dio ci fa dono è un amore che allarga continuamente l’orizzonte delle proprie appartenenze.
Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli atri, come io vi ho amati. Ecco l’orizzonte nuovo verso cui tendere e non già quello di un comando impossibile.
L’amore di Dio è un amore che ha tre caratteristiche: la totale e incondizionata dedizione (nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici); la familiarità confidente (tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi), la gratuità (non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi). È ricchezza in cerca di una povertà da colmare, di una solitudine da riscaldare. E perché io potessi imparare il modo di amare di Dio, lui stesso ha assunto la misura umana dell’amicizia: Voi siete miei amici. Dio si è messo alla pari, per essere dentro il gruppo e non al di sopra perché la vita non è ciò che di essa puoi aver imparato, ma ciò che di essa hai scelto di condividere. Dio si abbassa, come farà con Pietro quando, risorto, gli chiederà per la terza volta: Pietro, almeno mi sei amico? (Gv 21,17).
E’ facile innamorarsi, meno facile amare. Nell’innamoramento il centro di tutto è ancora l’io, l’individuo cerca più se stesso che l’altro: l’altro è cercato in risposta ad una mia domanda. L’amore comincia a maturare quando si praticano due atteggiamenti di fondo: il rispetto dell’altro e la promozione dell’altro.
Rispetto è non voler catturare l’altro all’interno del proprio orizzonte di senso. E’ accogliere la libertà dell’altro, valorizzare, stimare ciò che lo rende differente da noi. La promozione dell’altro, invece, consiste nello scoprire i suoi doni, la sua vocazione nascosta e aiutarlo a realizzare tutto se stesso, anche se questo non risponde alle nostre attese.
Ci viene annunciata una pienezza di vita ma anche qualcosa che appare come il suo contrario: il sacrificio.
Non c’è amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Amore, gioia, dolore. Parole paradossali. Perché queste due esperienze che secondo noi si escludono? Perché la strada di Dio che da padre si fa amico, da Signore si fa amico per mettersi al mio fianco, passa necessariamente attraverso un’esperienza di espropriazione e di decentramento.
L’amore di Dio nei nostri confronti non è la risposta al nostro amore. L’obiettivo dell’amore di Dio è la vita, quella nostra. Neppure l’essere riamato è il suo scopo. Il cammino parte da Dio, passa attraverso Gesù Cristo e poi si perde in noi, si dimentica dentro la vita che inizia a dilatarsi per coinvolgere ancora altri. Non un’esperienza di reciprocità bensì di circolarità.

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Dal Vangelo secondo Giovanni 15,12-17

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici.
Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi.
Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri».