Mentre affrettiamo i passi verso la Pasqua, in questo giovedì di passione la liturgia ci sollecita a scegliere chi avere come compagni di viaggio, se fare nostra la disponibilità al cammino da parte di Abramo o l’inamovibilità dei giudei che di lui si riconoscono figli e ora, pur avendo creduto in Gesù, si ritrovano a tramare contro.
Abramo poté diventare padre di una moltitudine perché anzitutto imparò a rigenerare se stesso lasciandosi condurre per vie prima sconosciute arrivando persino a rinunciare a ciò che era il frutto della sua vita e il segno che ciò che il Signore aveva promesso si sarebbe compiuto. Dovette imparare a sue spese cosa significava lasciarsi alle spalle la terra della sua sterilità per accogliere quanto il Signore gli andava rivelando gradualmente mano a mano che procedeva.
I Giudei, invece, si fregiano di appartenere alla sua discendenza ma non sanno fare loro l’attitudine propria di Abramo, quella di accogliere senza pretese e perciò restano vittime delle loro mire di morte motivate addirittura da criteri religiosi. Quanto sono lontani dall’atteggiamento adorante del loro padre Abramo il quale, con quel gesto, riconosce che la sua esistenza ha bisogno di essere sempre riplasmata dal Dio alla cui voce aveva scelto di mettersi in cammino. Poiché non accettano di lasciarsi mettere in discussione non trovano di meglio che scagliare pietre contro chi ha provato a destabilizzarli proponendo loro un itinerario di rinascita. L’indisponibilità a convertirsi si esprime attraverso il bisogno di barricarsi dietro una pietra. Può accadere di non riconoscere e di non accogliere l’incessante opera compiuta dal Padre perché possiamo essere ogni giorno messi al mondo di nuovo. Possiamo addirittura soffocare sotto un cumulo di pietre il desiderio di vita in noi deposto mentre venivamo creati a sua immagine e somiglianza.
In un momento in cui i tentativi di diventare padre da parte di Abramo avevano finito per destabilizzare l’equilibrio familiare, egli accetta che gli venga cambiato nome: qualcosa di nuovo potrà accadere nella sua vita solo nella misura in cui acconsente alla morte di qualcosa di lui. Chi accetta di lasciarsi generare dalla Parola di Dio mettendo in discussione cose a cui si era fortemente legati, “non vedrà la morte in eterno”. Il molto che Dio promette ad Abramo può realizzarsi se si accetta di attraversare la morte delle proprie pretese.

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Dal Vangelo secondo Giovanni 8,51-59

In quel tempo, Gesù disse ai Giudei: «In verità, in verità io vi dico: se uno osserva la mia parola, non vedrà la morte in eterno». Gli dissero allora i Giudei: «Ora sappiamo che sei indemoniato. Abramo è morto, come anche i profeti, e tu dici: “Se uno osserva la mia parola, non sperimenterà la morte in eterno”. Sei tu più grande del nostro padre Abramo, che è morto? Anche i profeti sono morti. Chi credi di essere?».
Rispose Gesù: «Se io glorificassi me stesso, la mia gloria sarebbe nulla. Chi mi glorifica è il Padre mio, del quale voi dite: ”È nostro Dio!”, e non lo conoscete. Io invece lo conosco. Se dicessi che non lo conosco, sarei come voi: un mentitore. Ma io lo conosco e osservo la sua parola. Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e fu pieno di gioia».
Allora i Giudei gli dissero: «Non hai ancora cinquant’anni e hai visto Abramo?». Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono».
Allora raccolsero delle pietre per gettarle contro di lui; ma Gesù si nascose e uscì dal tempio.