Era sincero lo scriba, a differenza di quelli del suo gruppo che finora non avevano fatto altro che tendere insidie per trovare un capo di accusa nei confronti di Gesù. Non così l’uomo che chiede a Gesù che cos’è ciò per cui vale la pena vivere e ciò per cui vale la pena morire. Che cos’è che conta davvero?
Lo scriba faceva fatica a districarsi in quella marea di prescrizioni e comandamenti di cui era composta la legislazione ebraica: ben 613 norme, vale a dire “la somma dei giorni dell’anno e delle parti del corpo allora conosciute, osservanza tutti i giorni dell’anno con tutto il coinvolgimento del proprio corpo, del proprio essere” (Bruni). Come stabilire ciò che davvero fosse vincolante?
Gesù, attingendo alla Scrittura sacra, conclude che la vita non è anzitutto una questione di codici ma una questione d’amore. Questo, anzitutto, nei confronti di Dio e poi nei confronti del prossimo. Cosa offri a Dio? I rimasugli delle tue giornate, gli scampoli delle tue energie? Come puoi riconoscere davvero che tutto ciò che sei e tutto ciò che hai ti viene da un altro, se verso la vita ti atteggi come padrone indiscusso e ritieni tante altre cose prioritarie? Ci sembra quasi di fare un favore a Dio quando riconosciamo che di tanto in tanto ci ricordiamo di lui, dichiarando così di aver smarrito il senso del nostro essere stati creati. Il Catechismo, alla domanda “per quale fine Dio ci ha creato?”, rispondeva: “Dio ci ha creato per conoscerlo, amarlo e servirlo in questa vita, e per goderlo poi nell’altra in paradiso”. Come puoi conoscere chi non riconosci come tuo Creatore? Come puoi amare chi non conosci? Come puoi servire chi non ami? Come puoi godere per sempre di colui che non hai mai servito in vita?
Fermati, ascolta…
Non puoi amare chi non ascolti. Lascia parlare la vita, la tua vita. Quanta paura del silenzio! Preferiamo essere storditi da una molteplicità di rumori per timore di ciò che il nostro cuore possa rivelarci mentre mettiamo a tacere ogni cosa. Quante cose avrebbe da dire il nostro cuore e puntualmente gli intimiamo il silenzio perché ben altro è da ottemperare. Ci sembra un lusso concederci qualche istante di silenzio. Non ho tempo! Questa è l’amara scusa che adduciamo quando non vogliamo che qualcuno o qualcosa detti un’altra agenda.
Fermati, ascolta…
Cos’hai fatto stamattina per aprire gli occhi al nuovo giorno? Tutto è grazia, tutto è dono. La vita, anzitutto. Tu sei stato preferito alla non esistenza! Qualcuno ti ha voluto, pensato, scelto, fin dalla creazione del mondo. Tu sei stato costituito interlocutore di Dio! Che dignità! E che compito! Se solo ne fossimo consapevoli non ci sarebbe istante della nostra storia vissuto nella irriconoscenza. Quando custodisci dentro di te la memoria di un amore, di uno sguardo che ti ha preceduto, non puoi non ricambiare con tutto ciò di cui sei capace, con tutto il cuore, appunto.
Fermati, ascolta… Impara a contenere il tuo “io” e lascia che Dio parli al tuo cuore. Se lo ascolti non potrai non amarlo con tutte le tue forze. A che cosa hai votato la tua vita? Davanti a cosa ti inginocchi?
Fermati, ascolta…
Quando nella tua vita hai riconosciuto ciò che è di Dio, il segno che più lo invera è il modo con cui tu guardi l’altro.
Il prossimo non è determinato da una deduzione teorica, ma da un fatto: il prossimo è l’uomo verso cui ti fai incontro. Essere prossimo non è la stessa cosa che farsi prossimo. Ciò che conta, perciò, non è sapere chi egli sia, ma avere gli occhi aperti per accorgersi della sua presenza. A volte può essere facile incontrare il prossimo e non accorgersi della sua presenza e del suo bisogno. È solo a partire dall’amore di Dio per noi che le persone che incontriamo acquistano spessore e consistenza, prendono corpo.
Fermati, ascolta…
Il prossimo ha bisogno di condivisione, non solo di servizio. Può accadere, infatti, che la fretta e l’ansia di aiutare ci facciano smarrire la persona che aiutiamo. Occorre accogliere la persona prima ancora di soddisfare il suo bisogno. E forse ci si accorge che l’affamato non ha bisogno anzitutto di un piatto di minestra, ma di essere riconosciuto nella sua dignità di persona.
Fermati, ascolta…
“Non basta ‘sentirsi bene con Dio’. Bisogna ‘essere buoni’ con l’uomo” (Sequeri).
Non ha accesso al cuore di Dio chi non è capace di legami di fraternità.
Non sei lontano dal regno di Dio. Così Gesù allo scriba. Che cosa gli manca per esserne vicino? Riconoscere che Dio si è avvicinato a lui in Gesù, riconoscere che quel Gesù è l’incarnazione dell’amore di Dio per te. E questo passo è estremamente personale. Non basta concordare con Gesù a proposito di alcuni valori morali: occorre arrivare a condividerne l’esistenza.

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Dal Vangelo secondo Marco 12,28b-34
 
In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?».
Gesù rispose: «Il primo è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non c’è altro comandamento più grande di questi».
Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocàusti e i sacrifici».
Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.