Un vero e proprio momento di crisi nel ministero di Gesù. Poco prima del discorso in parabole, Mc aveva riferito l’atteggiamento ostile degli scribi nei confronti di Gesù: essi avevano affermato che il suo agire era di provenienza diabolica. Egli non trova credito neppure tra i suoi familiari per i quali è fuori di sé (3,21).
Per gli ascoltatori di Gesù si pone una domanda: come può essere Gesù il messaggero della gioia messianica se incontra tanta opposizione e rifiuto? Gli stessi discepoli fanno fatica a capirlo a fondo tanto che Gesù domanderà loro: Ma non capite, non intendete, siete accecati…ancora non intendete? (8,17-21). Dopo la prima ondata di grande entusiasmo, gradualmente questo entusiasmo cala per vari motivi. Gradualmente viene contestato e respinto: in 3,6 si comincia addirittura a volerlo togliere di mezzo.
A questo va aggiunto un altro dato. Il contenuto principale dell’annuncio di Gesù è: Il regno di Dio è vicino (1,15). Di fronte a questo messaggio si obietta: com’è possibile sperimentare ciò quando il mondo è ancora pieno di sofferenze e di miserie. La crisi di Gesù diventa la nostra crisi. Dov’è Dio? Perché non interviene? Perché questa Parola di Dio non travolge il mondo e lo cambia in un baleno? Si può prendere sul serio il messaggio di Gesù? Perché un Messia crocifisso? E venendo ancora a noi: perché Dio non mi fa migliore? Perché mi ritrovo sempre alle prese con le stesse difficoltà? Perché la Parola di Dio non mi trasforma? In qualche modo a Gesù (ma anche a noi) viene suggerito di darsi da fare prima che sia troppo tardi: è ora di agire con urgenza e determinazione perché il frutto delle sue fatiche non vada perduto.
Il messaggio di Gesù non è compreso neppure dai suoi discepoli: egli parla di servizio e i discepoli pensano al dominio. Il Figlio di Dio parla di morte di croce e gli uomini inseguono sogni di gloria. Il Signore parla ai discepoli del regno di Dio ed essi aspettano il regno di Israele.
È da queste domande e da queste attese che traggono spunto le due similitudini sul Regno che ci vengono consegnate. Si tratta di similitudini che fanno appello alla nostra fede.
I similitudine
Al continuo incalzare dell’uomo, Gesù risponde che la vita ha il suo ritmo che non è possibile affrettare. Dio stesso si è sottomesso a questo ritmo. Una volta gettato, il seme cresce da sé, per la sua forza intrinseca: Se il Signore non costruisce la casa, invano vi alzate di buon mattino, tardi andate a riposare e mangiate pane di sudore (Sal 127).
Il regno di Dio è “di” Dio. Il nostro dimenarci non fa che soffocare il crescere del Regno. Il venire del Regno richiede tempo e i tempi di crescita possono essere diversi da individuo a individuo. Il tempo della crescita è il più importante perché è comunque tempo dell’azione di Dio e non della sua assenza. Che tutto avvenga invisibilmente e misteriosamente non è segno del silenzio di Dio ma del suo diverso modo di parlare. L’attitudine da favorire nel cuore dell’uomo è perciò quella dell’attesa fiduciosa. Una fiducia non facile per la nostra pretesa di vedere.
Interessante notare che a decidere il tempo della mietitura è il frutto, non il contadino. Bando, perciò, ad ogni affanno inutile. Il Regno di Dio è anzitutto questione di accoglienza di un Dio che opera sempre.
II similitudine
Gli apostoli vedono che il loro gruppo è proprio un piccolo gruppo, non si sviluppa, tanti vanno via. E Gesù risponde ai loro muti interrogativi con un’altra similitudine: Non abbiate paura, il Regno ha nulla di appariscente e di maestoso. È una realtà modesta. Comincia col poco. Come l’apparente non intervento di Dio nel tempo presente non esclude il suo potente intervento nel futuro, così l’opera di Gesù, che ora appare debole e insignificante, è destinata a produrre frutti inaspettati. Dio, del resto, innalza ciò che è piccolo e umile (Lc 1,52).
La realtà che appare visibilmente (il rifiuto, l’assenza di Dio, gli inizi poco appariscenti) sembra contraddire il messaggio di Gesù. E questo vale non solo per il suo tempo ma anche per il nostro e per tutti i tempi. Ecco perché le parabole fanno appello alla fede. L’annuncio di Gesù richiede una vera e propria conversione: anche nel tempo del compimento Dio non pianta alberi ma continua a gettare semi. Gesù chiede fiducia piena: venitemi dietro!
Le qualità del Regno sono di tutt’altro ordine che i nostri criteri:
- quella del fallimento, attraverso cui viene la riuscita;
- quella del nascondimento, attraverso cui viene la rivelazione di Dio (vv. 21-25);
- quella dell’inefficienza umana, attraverso cui agisce la sua potenza (vv. 26-29);
- quella della piccolezza attraverso cui manifesta la sua grandezza.
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Dal Vangelo secondo Marco 4,26-34
In quel tempo, Gesù diceva [alla folla]: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura».
Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra».
Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa.