Suona irriverente accostare Maria di Nazaret secondo i canoni di ciò che immediatamente non attira attenzione! Abbiamo sempre avuto bisogno di rivestirla dei tratti della eccezionalità concludendo che, in fondo, tutto per lei dovesse essere facile, proprio perché preservata dal contagio della colpa. Come se non conoscere l’ombra del male significasse esenzione dall’assumere gli ordinari processi di maturazione e comprensione propri di ogni uomo.
Come se fosse facile ad una creatura provare ad uscire dall’angustia del suo modo di pensare – lei, giovane ragazza di un paese mai nominato prima nella Scrittura – per ospitare la larghezza degli orizzonti di Dio. Cosa poteva sapere una ragazza di un villaggio da cui non può venire nulla di buono, di ciò che Dio intendesse concepire proprio attraverso di lei? E lei lì a provare a mettere insieme (è il senso del verbo meditare) frammenti che sembrano così distanti. Eppure è proprio l’arte che a noi insegna Santa Maria: mettere insieme frammenti senza la pretesa di una lettura e di una comprensione immediate.
Chissà quante volte avrà ascoltato quel passaggio della Genesi che annuncia il possibile riscatto dell’umanità grazie ad una vergine capace di fronteggiare il male, ma di certo, prima dell’incontro con l’angelo, non lo avrà applicato a lei. Chissà quante volte avrà sentito risuonare che la vergine avrebbe dovuto chiamare quel figlio Emmanuele, Dio-con-noi. E penso a tanto nostro ascoltare la Parola di Dio e a come non pensiamo si possa trattare proprio di noi. Noi chiamati a raccontare ancora un Dio che vuol camminare accanto all’uomo.
Sembrava non parlare più il Dio dei suoi padri e invece stava interpellando proprio lei. Anche in questi giorni sembra tacere e forse, invece, sta interpellando proprio me. Ma davvero? Non a caso il vangelo riporta sì l’emozione perché Dio aveva posato proprio su di lei il suo sguardo, ma non tace il turbamento che nasce dalla difficoltà a tenere insieme i pensieri di Dio e i nostri pensieri, il turbamento per la sproporzione, quello stesso che prende anche noi quando vorremmo ospitare il sogno di Dio nel grembo della nostra vita, ma tutto ci sembra sterile e vano. E tra lo stupore e il rammarico facciamo nostra la stessa confessione degli apostoli: ma cos’è questo per tanta gente?
Quanti dei sogni di Dio sono rinviati solo per il disincanto e per un certo atteggiamento di sufficienza con cui li accostiamo! Quanti dei pensieri di Dio sono rimandati solo perché non secondo la nostra misura! Accade a noi quello che accadde ai parenti di Gesù quando – proprio perché fuori dalla loro misura – andarono a prenderlo perché ritenuto fuori di sé.
Quel giorno, nel segreto della casa di Nazaret, la prima cosa con cui dovette fare i conti Maria, fu proprio la diversità tra i nostri pensieri e quelli di Dio. Quando tutto sembrava irrimediabilmente perduto Dio rimodellava la storia dell’umanità secondo un progetto di bene. E questo non già attraverso il gonfiore sterile di logiche arroganti ma attraverso il gonfiore tenero di una vita, la sua, attraverso il gonfiore di chi prova a mettere a dimora un seme per il tempo necessario allo spuntare del germoglio. E non sembra anche oggi tutto irrimediabilmente perduto mentre volentieri sogneremmo soluzioni magiche? Eppure, che cos’è il dono di ogni nuovo giorno se non la riconsegna che Dio fa a noi di quel desiderio di rimodellare la storia?
L’angelo che pure le aveva annunciato parole alte, non le aveva risparmiato il tempo che occorre a ogni donna per dare alla luce un figlio: nove mesi.
Cos’è che le chiedeva l’angelo se non provare a dare un grembo ai pensieri di Dio accompagnandone la gestazione? L’angelo le aveva confidato essere intenzione di Dio  riprendere nelle sue mani il vaso incrinato della storia e per questo le chiedeva la sua disponibilità che non tardò ad arrivare anche se non in maniera passiva o arresa. L’angelo le aveva confidato che la storia poteva ripartire proprio grazie a lei. Forse comprendiamo di più perché un giorno, alle nozze di Cana, poté dire ai servi: qualunque cosa vi dica, fatela! Era qualcosa che conosceva sulla sua pelle e lo sperimenterà ancora alla fine, quando, ancora una volta, le sarà chiesto di farsi grembo mentre le verrà consegnato un altro figlio. Lei avrebbe fatto qualunque cosa il Figlio le avesse chiesto.
Maria è lì ad attestare che la vita cambia se qualcuno osa ospitare nel grembo della sua storia i pensieri di Dio. Quelli più impossibili.