Tu, invece… è la parola che più è risuonata dentro di me quando ho cominciato a prendere tra le mani il vangelo di questo inizio di Quaresima. Una parola che ho trovato subito seducente, di quelle che ti prendono perché ti fanno intravedere terre poco frequentate.
La vita dei discepoli – al dire di Gesù – si costruisce sull’invece. Tu, invece…
Invece… una congiunzione che traduce uno stile di vita, lo stile alternativo del vangelo. Un invece che non è solo l’ultimo ritrovato di chi comunque deve cantare fuori dal coro o vuole mostrare il suo essere recidivo nel fare il bastian contrario. La liturgia ci fa pregare così: “Molte volte gli uomini hanno infranto la tua alleanza… ma tu, invece di abbandonarli hai stretto con loro un vincolo nuovo…”. Il Dio di Gesù è il Dio dell’invece. Un Dio esclusivamente abitato dal desiderio di ristabilire la comunione e che esorta a non perdere questa opportunità: egli, il Dio dell’invece, non ci ripaga secondo le nostre colpe, non ci tratta secondo i nostri peccati.
Cosa può voler significare essere, oggi, uomini e donne dell’invece?
Mi pare possa significare assumere uno stile di vita improntato all’insegna della sobrietà proprio in un tempo, il nostro, che volentieri celebra l’eccesso. In ogni cosa.
Tu, invece…
Nella relazione con gli altri, cui fa riferimento l’elemosina, può significare non cavalcare l’esibizione, lo sbandieramento, la strumentalizzazione, il presenzialismo. Mi pare significhi anche scegliere di non vivere continuamente in un esterno da sé, continuamente sovraesposti. In guardia dall’ostentazione, da una vita data in spettacolo o trascorsa esclusivamente allo specchio, privilegiando, invece, il nascondimento. Francesco ci ripeterebbe che l’uomo vale quanto vale davanti a Dio e non di più.
Tu, invece…
Come non riconoscere, all’inizio di questo tempo di grazia, che troppe volte interpretiamo un ruolo assegnato da altri o comunque ad altri gradito? Rispetto a quanto il Signore attesta nel vangelo il nostro non è tanto il rischio di una preghiera ostentata sulla piazza ma quello di non rimanere noi stessi nella piazza. Il rischio di non riuscire più a rivendicare il nostro proprium finendo così per stabilire una enorme distanza con il nostro volto più vero (divenendo, così, uomini delle convenzioni), oggi meglio conosciuto come omologazione. E la vita diventa un ruolo, una funzione.
Tu, invece…
Misurarsi con l’invece proposto da Gesù vuol dire anche fare in modo che ci sia almeno un luogo in cui accettare di essere guardati in profondità, in un dialogo essenziale che mi rivela a me stesso: il Padre tuo vede nel segreto… Gesù chiede la sobrietà della camera, della porta chiusa e la sobrietà delle parole. Dentro un paese di verità misurate sulla forza dell’urlo, chiamati a non aver paura di assumere anche la sobrietà del tono della voce.
Tu, invece…
Uno stile di vita in cui il “come” è importante almeno quanto il “che cosa”.
Tu, invece…
È l’invito a mostrare la bellezza della “differenza” cristiana, uno stile di vita secondo il quale, proprio all’interno delle relazioni, siamo chiamati ad esprimere la dimensione della gratuità, della fedeltà, dell’accoglienza e del perdono reciproco, dimensioni proprie del Dio rivelato a noi da Gesù, la cui vicenda porta il peso di una vita donata e spezzata per amore. Uno stile di vita capace di narrare la speranza che abita il cuore dei credenti.
Tu, invece…
Privilegiare l’attenzione a ciò che è davvero essenziale per la nostra vita.
Tu, invece…
Tra la sapienza dell’”essere” e la commedia dell’”apparire”, essere uomini e donne dell’invece.