Noi veniamo al mondo per un atto di fede: non il nostro, ma quello di un Dio che ha fede in me ma vi restiamo per quella fede che noi abbiamo in lui. Il tuo tesoro sono le persone per cui trepidi e gioisci. Restiamo in vita solo se ci anima la passione per un bene possibile: ecco che cos’è la speranza. Appassionarsi per qualcosa che può esserci grazie a me. Viviamo se qualcosa ancora abita il mostro cuore e muove i nostri passi.
Il vangelo di questo martedì non induce a dormire sonni tranquilli. Parla della vita come di un essere a servizio: è questa secondo Gesù la nuova architettura dei rapporti umani: mettersi a disposizione. Tanto è importante per lui l’immagine del servo da arrivare a capovolgere persino il rapporto tra Dio e l’uomo: li farà sedere a tavola e passerà a servirli.
Nella casa della vita – afferma Gesù – non occorrono personalità brillanti ma l’umile e forte capacità di servire; non sono necessarie chissà quali doti, ma soltanto la fedeltà; ogni autorità vera non dipende dal ruolo o dalle tue abilità, ma da come stai di fronte all’altro. Quando questo accade, per Dio non è affatto scontato: che immagine bella! Dio non considera la tua fedeltà un atto dovuto: lui è talmente sorpreso che tu sia riuscito a rimanere fedele da generare una risposta che nessuno avrebbe potuto immaginare. Poiché hai dato a Dio più di quanto egli stesso si aspettava, egli si fa tuo servo. L’uomo che resta fedele ai suoi compiti va oltre la stessa speranza da parte di Dio.
Decidi, sembra ripetere Gesù. Scegli, prendi posizione. Hai un tesoro, seguilo fino in fondo. Hai trovato una perla preziosa, non svenderla con i se e con i ma.
Decidi cosa fare di quello che ti è affidato. Scegli per chi vivere e come vivere.
Prendi l’iniziativa. Non temere. Niente paura. Rischia, sbaglia, impara, riparti, ma non calcolare sempre tutto: perderesti gratuità e intuizione.
Abbi cura di costruire borse interiori che non invecchino sotto la pressione dell’abitudine o della sfiducia degli altri.
Mettiti al lavoro, non risparmiarti. Non occorre che tu sia perfetto: è necessario che tu sia deciso.
I fianchi siano cinti. Sempre. Il tuo bacino sia pronto a cambiare baricentro ed equilibrio, disposto a incamminarsi verso la vita, a camminare, a spostarsi, a sollevarsi, a partecipare, a lottare, a esserci. Già. Esserci. Esercizio per niente scontato. Fianchi cinti, lombi agili, pronti a servire, a collaborare. Quando i fianchi non sono cinti rischiano di essere incatenati. Scegli.
Uomini e donne appassionati e impegnati, non ansiosi. Occupati e dedicati, non preoccupati e distratti.
Cuore carico di entusiasmo, non di sete di dominio. Animo riconoscente e grato, profondamente e costantemente.
Dio mal sopporta chi non prende iniziativa perché denota poca fiducia nella vita, poca fiducia in se stesso. Piuttosto che la tiepidezza della non decisione, Dio rispetta mille volte di più una scelta sbagliata. L’indecisione, infatti, non può che diventare inedia e morte, l’errore può diventare comunque occasione di riscatto e di crescita.
A volte siamo convinti che siano le scelte dei cattivi amministratori della terra a devastare il mondo. Al dire di Gesù è piuttosto l’amministrazione indecisa di chi si ritiene buono.

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Dal Vangelo secondo Luca (12,35-38)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito.
Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli.
E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro!».